MATERNITÀ
UNO SPETTACOLO DI
FANNY & ALEXANDER TRATTO DAL RACCONTO DI SHEILA HETI (TRADUZIONE MARTINA
TESTA, SELLERIO EDITORE, 2019)
DRAMMATURGIA, COSTUMI CHIARA
LAGANI| REGIA, LUCI, PROGETTO SONORO LUIGI DE ANGELIS| CON CHIARA
LAGANI| ARTWORK ELEANOR SHAKESPEARE| ARCHITETTURA SOFTWARE
MULTISCELTA, CURA DEL SUONO, SUPERVISIONE TECNICA VINCENZO SCORZA| ORGANIZZAZIONE,
PROMOZIONE MARIA DONNOLI, MARCO MOLDUZZI| PRODUZIONE E
PRODUCTION/FANNY & ALEXANDER| GRAZIE A ATELIERSI, GIOVANNI
CAVALCOLI, SILVIA VEROLI
In Maternità,
tratto dal racconto di Sheila Heti, una donna si chiede, di fronte al pubblico
seduto davanti a lei, cos’è che la trattiene dal mettere al mondo un figlio.
Non si tratta di un monologo, ma di una strana specie di dialogo, sospeso tra
dimensione assembleare e gioco con il caso. Di fronte alle domande più
difficili Sheila si rivolge alle persone in sala a cui è stato dato un piccolo
telecomando con cui rispondere ai suoi quesiti. Le risposte si proiettano a
ritmo incalzante su uno schermo sospeso sulla scena in un oppressivo codice
binario: tutto è sì, oppure no, tutto è bianco, oppure nero. Sì e no è il
timbro di un accanimento, di un’ostinazione, di una strana slabbratura
dell’anima della protagonista che, mentre si interroga con ironia e ferocia su
una questione così nodale, tende il ragionamento fino all’eccesso infrangendo a
tratti il velo del pudore e portandoci a riflettere sul valore della scelta.
Il dialogo col pubblico oscilla tra immedesimazione e giudizio proiettando sul
testo una serie di interrogativi intimi e comuni su temi da sempre controversi.
MATERNITÀ
UNO SPETTACOLO DI
FANNY & ALEXANDER TRATTO DAL RACCONTO DI SHEILA HETI (TRADUZIONE MARTINA
TESTA, SELLERIO EDITORE, 2019)
DRAMMATURGIA, COSTUMI CHIARA
LAGANI| REGIA, LUCI, PROGETTO SONORO LUIGI DE ANGELIS| CON CHIARA
LAGANI| ARTWORK ELEANOR SHAKESPEARE| ARCHITETTURA SOFTWARE
MULTISCELTA, CURA DEL SUONO, SUPERVISIONE TECNICA VINCENZO SCORZA| ORGANIZZAZIONE,
PROMOZIONE MARIA DONNOLI, MARCO MOLDUZZI| PRODUZIONE E
PRODUCTION/FANNY & ALEXANDER| GRAZIE A ATELIERSI, GIOVANNI
CAVALCOLI, SILVIA VEROLI
In Maternità,
tratto dal racconto di Sheila Heti, una donna si chiede, di fronte al pubblico
seduto davanti a lei, cos’è che la trattiene dal mettere al mondo un figlio.
Non si tratta di un monologo, ma di una strana specie di dialogo, sospeso tra
dimensione assembleare e gioco con il caso. Di fronte alle domande più
difficili Sheila si rivolge alle persone in sala a cui è stato dato un piccolo
telecomando con cui rispondere ai suoi quesiti. Le risposte si proiettano a
ritmo incalzante su uno schermo sospeso sulla scena in un oppressivo codice
binario: tutto è sì, oppure no, tutto è bianco, oppure nero. Sì e no è il
timbro di un accanimento, di un’ostinazione, di una strana slabbratura
dell’anima della protagonista che, mentre si interroga con ironia e ferocia su
una questione così nodale, tende il ragionamento fino all’eccesso infrangendo a
tratti il velo del pudore e portandoci a riflettere sul valore della scelta.
Il dialogo col pubblico oscilla tra immedesimazione e giudizio proiettando sul
testo una serie di interrogativi intimi e comuni su temi da sempre controversi.
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