LA BOTTEGA DEL
CAFFÈ
Teatro da
Viaggio
di Carlo
Goldoni
Regia
Massimiliano Milesi
con
Antonella
Antonelli
Maria Grazia
Bordone
Claudio
Carnevali
Christian
Cavallini
Sergio Conti
Katia De Persio
Manuel Kilani
Marco Laudani
Natasha Milesi
Laura Nardi
Giovanni
Prattichizzo
Adattamento Antonella
Antonelli
Non risparmia nemmeno Vittoria, moglie di Eugenio, alla quale racconta la
frottola di una relazione di suo marito con la ballerina Lisaura, corteggiata
invece da Flaminio.
Quando poi Placida, moglie di Flaminio, giunge da Torino alla ricerca del
marito, don Marzio la fa passare per una nota avventuriera… Finché i nodi
vengono tutti al pettine. E don Marzio finirà con l’essere isolato da
tutti, escluso da una società dai tanti lati oscuri.
«Il luogo della scena, che non cambia mai, merita qualche
attenzione: è una piazzetta nella città di Venezia. Di fronte vi sono tre
botteghe: quella in mezzo è un caffè, quella a destra è occupata da un
parrucchiere e l’altra a sinistra da un biscazziere. Da una parte, vi è fra due
calli, una casetta, abitata da una ballerina, dall’altra una locanda». È lo
stesso autore a descriverci nei “Memoires” la scena con perfetta unità di
luogo, in cui si svolge “La bottega del caffè”: una commedia corale incentrata
su un microcosmo che tratteggia uno sfaccettato affresco sociale e umano su cui
il maldicente don Marzio imbastisce i suoi ricami. Goldoni, sempre nei
“Memoires”, definisce don Marzio “un chiacchierone maldicente, molto originale
e comico, uno di quei flagelli dell’umanità che preoccupa tutti quanti, e
infastidisce i frequentatori abituali del caffè”.
Con sottigliezza e fantasia, don Marzio carpisce le confidenze e i segreti dei
vari personaggi, capta
notizie e le distorce a suo piacimento. Don Marzio inventa e calunnia, ma
finisce con lo scoprire verità nascoste. In particolare, verso il finale è lui
a rivelare al capo dei birri il luogo in cui il biscazziere Pandolfo poco prima
gli ha confessato di nascondere le carte truccate, così da causarne l’arresto,
salvando
dalla rovina il mercante Eugenio, imperterrito giocatore. Nelle ultime scene
don Marzio è solo, al
centro del campiello, e i vari personaggi compaiono alternandosi dalle finestre
e dalle porte degli edifici che si affacciano sulla piazzetta, protestando uno
dopo l’altro per gli equivoci e le false dicerie, ma in realtà facendo di lui
il capro espiatorio delle loro colpe e omissioni. Moderna e complessa, ricca di
ironie e acutezze, la commedia unisce una sapiente scrittura drammaturgica
corale all’italiano settecentesco parlato, superando la stessa caratterizzante
unità d’ambiente, quella di un campiello veneziano, dalla mattina al tramonto,
in uno spaccato di vita quotidiana, che mette insieme lo spazio aperto di un
caffè e quello chiuso di una casa da gioco clandestina.
LA BOTTEGA DEL
CAFFÈ
Teatro da
Viaggio
di Carlo
Goldoni
Regia
Massimiliano Milesi
con
Antonella
Antonelli
Maria Grazia
Bordone
Claudio
Carnevali
Christian
Cavallini
Sergio Conti
Katia De Persio
Manuel Kilani
Marco Laudani
Natasha Milesi
Laura Nardi
Giovanni
Prattichizzo
Adattamento Antonella
Antonelli
Non risparmia nemmeno Vittoria, moglie di Eugenio, alla quale racconta la
frottola di una relazione di suo marito con la ballerina Lisaura, corteggiata
invece da Flaminio.
Quando poi Placida, moglie di Flaminio, giunge da Torino alla ricerca del
marito, don Marzio la fa passare per una nota avventuriera… Finché i nodi
vengono tutti al pettine. E don Marzio finirà con l’essere isolato da
tutti, escluso da una società dai tanti lati oscuri.
«Il luogo della scena, che non cambia mai, merita qualche
attenzione: è una piazzetta nella città di Venezia. Di fronte vi sono tre
botteghe: quella in mezzo è un caffè, quella a destra è occupata da un
parrucchiere e l’altra a sinistra da un biscazziere. Da una parte, vi è fra due
calli, una casetta, abitata da una ballerina, dall’altra una locanda». È lo
stesso autore a descriverci nei “Memoires” la scena con perfetta unità di
luogo, in cui si svolge “La bottega del caffè”: una commedia corale incentrata
su un microcosmo che tratteggia uno sfaccettato affresco sociale e umano su cui
il maldicente don Marzio imbastisce i suoi ricami. Goldoni, sempre nei
“Memoires”, definisce don Marzio “un chiacchierone maldicente, molto originale
e comico, uno di quei flagelli dell’umanità che preoccupa tutti quanti, e
infastidisce i frequentatori abituali del caffè”.
Con sottigliezza e fantasia, don Marzio carpisce le confidenze e i segreti dei
vari personaggi, capta
notizie e le distorce a suo piacimento. Don Marzio inventa e calunnia, ma
finisce con lo scoprire verità nascoste. In particolare, verso il finale è lui
a rivelare al capo dei birri il luogo in cui il biscazziere Pandolfo poco prima
gli ha confessato di nascondere le carte truccate, così da causarne l’arresto,
salvando
dalla rovina il mercante Eugenio, imperterrito giocatore. Nelle ultime scene
don Marzio è solo, al
centro del campiello, e i vari personaggi compaiono alternandosi dalle finestre
e dalle porte degli edifici che si affacciano sulla piazzetta, protestando uno
dopo l’altro per gli equivoci e le false dicerie, ma in realtà facendo di lui
il capro espiatorio delle loro colpe e omissioni. Moderna e complessa, ricca di
ironie e acutezze, la commedia unisce una sapiente scrittura drammaturgica
corale all’italiano settecentesco parlato, superando la stessa caratterizzante
unità d’ambiente, quella di un campiello veneziano, dalla mattina al tramonto,
in uno spaccato di vita quotidiana, che mette insieme lo spazio aperto di un
caffè e quello chiuso di una casa da gioco clandestina.
Posta un commento