Teatro Torlonia 28 Febbraio 2020
Monologo della buona madre
di e con Lea Barletti, una produzione e regia Barletti/Waas, sulle musiche originali e sound design di Luca Canciello, e con la partecipazione in scena di Werner Waas.
Monologo della buona madre è una confessione, una confessione in pubblico. Una confessione e un’ammissione di incapacità. Incapacità di vivere tout court, forse, o comunque incapacità di vivere al di fuori dello sguardo dell’altro. Ed è l’ammissione di quanto proprio la ricerca, nello sguardo altrui, di una sorta di permesso d’esistere, possa essere il motivo per cui si va in scena. Roma -Dunque, non si tratta solo di una donna, di una madre, che ha sempre voluto essere amata, ma anche di un’attrice, e del motivo profondo del suo agire in scena. Monologo della buona madre è la storia di un corpo a corpo: un corpo a corpo di una donna con se stessa ed il proprio corpo, con la propria coscienza, con il proprio ruolo di madre, con i figli, con l’immagine di sé, con i propri modelli, con le proprie aspettative, con la propria inadeguatezza, con la propria fallibilità, con la propria creatività, con il tempo, con la vita, con la lingua, con l’amore. Una donna, da sola in scena. Seduta in mezzo alla gente, al pubblico. Inizia il suo discorso dichiarando la propria intenzione di andarsene. Non se ne andrà, perché non c’è vita, per lei, come persona e come attrice, al di fuori dello sguardo altrui. Perché non c’è mondo se non quello che si crea nel discorso tra simili, e il teatro è questo discorso, come bene avevano capito i greci. Il mondo, la vita, è quello che succede tra le persone mentre si parlano: quello che succede tra l’attore e lo spettatore. Il mondo è qui, è adesso, è il teatro.
Teatro Torlonia 28 Febbraio 2020
Monologo della buona madre
di e con Lea Barletti, una produzione e regia Barletti/Waas, sulle musiche originali e sound design di Luca Canciello, e con la partecipazione in scena di Werner Waas.
Monologo della buona madre è una confessione, una confessione in pubblico. Una confessione e un’ammissione di incapacità. Incapacità di vivere tout court, forse, o comunque incapacità di vivere al di fuori dello sguardo dell’altro. Ed è l’ammissione di quanto proprio la ricerca, nello sguardo altrui, di una sorta di permesso d’esistere, possa essere il motivo per cui si va in scena. Roma -Dunque, non si tratta solo di una donna, di una madre, che ha sempre voluto essere amata, ma anche di un’attrice, e del motivo profondo del suo agire in scena. Monologo della buona madre è la storia di un corpo a corpo: un corpo a corpo di una donna con se stessa ed il proprio corpo, con la propria coscienza, con il proprio ruolo di madre, con i figli, con l’immagine di sé, con i propri modelli, con le proprie aspettative, con la propria inadeguatezza, con la propria fallibilità, con la propria creatività, con il tempo, con la vita, con la lingua, con l’amore. Una donna, da sola in scena. Seduta in mezzo alla gente, al pubblico. Inizia il suo discorso dichiarando la propria intenzione di andarsene. Non se ne andrà, perché non c’è vita, per lei, come persona e come attrice, al di fuori dello sguardo altrui. Perché non c’è mondo se non quello che si crea nel discorso tra simili, e il teatro è questo discorso, come bene avevano capito i greci. Il mondo, la vita, è quello che succede tra le persone mentre si parlano: quello che succede tra l’attore e lo spettatore. Il mondo è qui, è adesso, è il teatro.
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