Ultimi Video

Nord-nordovest

Teatro dell’Orologio 8 Maggio 2016
NORD-NORDOVEST
Meridiano Zero
Regia: Marco Sanna
con: Felice Montervino, Marco Sanna, Marialuisa Usai, Francesca Ventriglia.
Scene e costumi: Sabrina Cuccu
Luci: Valerio Contini
Ambienti sonori: Luca Spanu
Foto di scena: Alec Cani
Produzione Sardegna Teatro
“...Se si possono insegnare tecniche della tradizione, al di là del contesto che le contiene e le determina, è perché la tradizione è morta e la possibilità di apprenderle non è che il certificato dell’avvenuta sepoltura.
La tradizione, morta nella quotidianità del contemporaneo ma di cui si conserva memoria, ci obbliga a una elaborazione del lutto conseguente la perdita che è oggi il solo spazio che la tradizione pu permettersi. Non è detto che sia male.”
G.L.Ferretti
Nord-NordOvest inizia da qui, da un concetto che ti gira nella testa da qualche tempo, dalla posizione che occupi nel mondo e di conseguenza dentro le cose dell'arte. Inizia dalle parole di chi ha influenzato il tuo modo di essere e di stare nel mondo e quindi nell'arte.
Nasce, questo lavoro, dalla volontà di raccontare uno stato di attesa, quello in cui si aspetta di essere dimenticati. Si parte da un dato di fatto: la morte della tradizione.
La tradizione è morta ma viene continuamente chiamata in causa, in una sorta di accanimento terapeutico, impedendogli di morire davvero. Ogni volta che ci si allontana dal conosciuto, si ha immediatamente bisogno di tornare indietro, raccogliere le forze, consolarsi, per poi di nuovo allontanarsi, e così siamo legati ad un eterno elastico, che regge l'impossibile, che non riesce a spezzarsi.

io non ci sto!
E pensi che questo cambierà le cose?
No le cose cambiano a prescindere.
Cosa vuol dire non riuscire a morire? Vuol dire attraversare molto più tempo di quel che ci è dato vivere, vuol dire non rispettare i tempi e le stagioni, togliersi fuori incautamente dalla legge di natura. Le cose diventano così qualcosa di estremamente lontano e diverso, rispetto a ci che erano quando quando sono nate, la stessa differenza che passa tra Cristo e chi oggi si fa detentore della sua parola.
Ci che dovrebbe essere fluire del sangue, continuità di gesto, di pensiero, di azione, diventa un astratto ricordo, un abito da mettere o cambiare a seconda dell'occasione, una citazione da fare quando si è a corto di argomenti.
Tradizione è un concetto metastorico e dinamico, una forza ordinatrice in funzione di principi trascendenti. Una forza che agisce lungo le generazioni, attraverso istituzioni, leggi e ordinamenti. Insomma qualcosa con cui ti trovi a fare i conti pur non sapendo più bene dove ne sia l'origine. Qualcosa che permane nonostante l'incedere del tempo e dei fatti. qualcosa che ti trovi addosso, in segni, modi di pensare e di agire, che si voglia o no, malgrado tutto.
Sulla scena quattro entità (personaggi?) che incarnano la tradizione e il suo divenire. Condividono lo stesso spazio. Vivono li da sempre e aspettano di non esserci più. Ogni loro parola trasuda di un passato in cui la loro esistenza e il loro ruolo nel mondo avevano ancora un senso. S'interrogano su cosa sia successo nel frattempo, sulle colpe che hanno avuto e hanno tutt'ora, ammazzano il tempo, in attesa. Ogni tentativo di rompere gli schemi risulta inutile, non fa altro che aggiungere parole e gesti su un modello obsoleto, senza cambiarne la sostanza.

senza questa maledetta memoria sarebbe finita qui
nessuno potrebbe più ricordarci
saremo finalmente liberi
Intorno a un grande tavolo i quattro consumano il loro pasto, un brodo insapore, una minestra riscaldata che li tiene in vita loro malgrado. I tempi si allungano, diventano estenuanti, il loro conversare si fa a tratti collerico, altre volte oscuro quasi ci sia un codice interno da rispettare, che lascia estraneo ogni possibile spettatore.
Tutto intorno è decadenza. Lo spazio che li contiene allo stesso tempo li respinge, asettico, in netto contrasto con gli arredi e gli abiti d'annata.
Questo è il luogo della muffa, la scatola da cui tutti fuggono e nessuno se ne va, che scricchiola e non crolla, che fa acqua da tutte le parti.
Una frase di troppo, una disquisizione sul cibo e la sua preparazione, fa si che il rituale del pasto si spezzi. E' così d'altronde che finiscono in tragedia molte cene di Natale.
Inizia un gioco al massacro, dove ognuno sarà costretto a recitare la propria parte davanti agli altri. Nel salotto trasformato in una piccola platea i quattro improvvisano un sadico teatrino, un gioco dei mimi, ma non ci sono da indovinare i titoli di film famosi, no, la posta in gioco è la propria identità.

Chi sono?
Un guerriero
uno zoppo.
Uno spettro.
Quattro scene, quattro personaggi, che recitano la loro parte, prendendo in prestito da un misterioso repertorio, cercando di stupire e commuovere, provando insomma a definirsi in qualche maniera, facendo indovinare alla platea chi sono, da dove vengono, cosa sono capaci di fare. Il risultato è un disperato affannarsi intorno a parole e gesti che non aggiungeranno nulla alla comprensione del loro presente, ma anzi getterà nuove ombre sul loro passato rendendo più incerto il loro futuro.

Tu quando dici amen che cosa intendi?
Non lo so, magari tutto ci che ti ho detto. O niente, quasi niente, il più delle volte, solo lasciarmi le cose alle spalle. Fosse possibile.

La loro è una ricerca disperata e impossibile - che si risolve in vuota retorica - della parola vera che si ponga fuori dalla persona in una cristallina purezza - e questa purezza è il difetto della vita, il desiderio continuo di non bastarsi. La fine li trova impreparati davanti alla loro immagine riflessa in un grande specchio, che ha guardato la scena fino a quel momento. Neanche la loro immagine gli risponde più, e il riflesso nello specchio prende vita propria anticipa i gesti o si prende gioco di loro.
Lo specchio diventa tubo catodico, da dove la raffigurazione distorta dei quattro irrompe coloratissima a portare il nuovo verbo, il vento nuovo, che soffia da Nord-NordOvest e al quale bisogna adeguarsi per non morire, per continuare a trascinarsi in un'idea di vita lontanissima dalle loro vere aspirazioni.
L'elaborazione del lutto non avviene fino a quando non c'è l'accettazione, solo allora si pu riprendere a camminare e scegliere strade nuove. Fino ad allora si continuerà a vivere nel passato, a rispettare vecchi modelli, incapaci di crearne di nuovi, per troppo rispetto, per mancanza d'iniziativa, per superstizione.
Ci hanno detto che non pu esserci futuro senza conoscere il passato, per questo continuiamo a ripeterci, nei secoli. Per questo è ormai la nostra situazione storica ad essere metafora del teatro e non il contrario.
18.5.16
 

Stendhal comedy

Nuovo Cinema Palazzo 11 maggio 2016
STENDHAL COMEDY
“Non sono un comico. Il comico è quello che schiaccia la buccia di banana, inciampa e la gente ride.
Io no. Io sono la banana.” – Stendhal Comedy
sproloquio teatrale sulla ricerca di se stessi di e con Davide Grillo
Ad accompagnarlo, incursioni di Giuseppe Brigante e Ivan Talarico
Stendhal Comedy è uno spettacolo sulla ricerca di se stessi.
Ogni persona che intraprende questa ricerca, nel tentativo di caratterizzarsi, segue vie diverse: dalle più superficiali alle più sofisticate. Tutte comiche.
La prima parte dello spettacolo, sul genere stand-up, le ripercorre tutte fino a scontrarsi inevitabilmente con il concetto di sé, sul quale infine vengono poste quattro domande. Così si passa dall’interrogativo su sé stessi a quello sugli altri, sul mondo e, in ultimo, su Dio.
Il tutto a partire da un’insignificante dato biografico della vita di Stendhal.
La seconda parte è una sorpresa..
Scrive Davide Grillo:
“Stendhal Comedy è il primo spettacolo che ho scritto ed è uno spettacolo di poche pretese. Tre in tutto.
La prima vorrebbe essere quella di intrattenere.
La seconda, quella di far ridere, almeno un po’.
La terza pretesa è quella di raccontare, attraverso le prime due, le varie vie che si prendono pur di somigliare ad un ipotetico, assolutamente arbitrario e pluripregiudicato Sé. 
Uno sproloquio sull’io, tanto per cambiare.
Un monologo sull’io e le sue vacanze.
Una ermeneutica del soggetto in versione cabaret.
Si ecco, scusate, è una pretesa troppo grande e non credo di esserci riuscito…
Vi dico invece cosa mi sarebbe piaciuto fare:
Mi interessava indagare a partire dai luoghi, le forme, le teorie, le fedi, comportamenti, mode, orientamenti, orietta berti etc, tutto il festoso itinerario possibile che questo nostro contorno ci offre, avvalendoci del quale promette – dopo una lunga sequenza della durata indefinita di un anno o di una vita – finalmente giungere all’obiettivo al tempo più vago e ambito nella storia della coscienza occidentale: arrivare a conoscere se stessi.
E, una volta arrivati, non trovare nessuno.
Nessuno a parte noi che, tuttavia, ci siamo.
Ci siamo quasi insomma.”
Davide Grillo
18.5.16
 

RADIO P - 7° Puntata Venerdì 20 maggio

Venerdì 20 maggio ore 17.30
Open Poetry

RADIO P 
"PULSANDO FRA DUE VITE"

tramontata è la luna

di e con

Giovanni Greco, Gianluca Riggi, Maria Cristina Zerbino

e la partecipazione straordinaria di


Flavio Ciancio 





Sono le 17.30 e va in onda l'ennesima puntata di RadioP - Tramontata è la Luna, storico programma condotto da Vainamonen, ZorbaG, e HonzaC. Da Venerdì 8 Aprile in via sperimentale on line connettendosi al seguente link : htpp://www.e-performance.tv/p/live.html o sul canale you tube di e-performancetv. Potete anche venirci a trovare dal vivo al Teatro Tordinona - Sala Strasberg (la prenotazione è obbligatoria) Il numero per intervenire in diretta è il 0039 328.2783807 (attivo solo il venerdì dalle 17.00 alle 19.00)

Torna dopo tre anni “RadioP”, la Radio della Poesia e della Pazzia, la Radio della Passione e della Paura. Sono trascorsi tre anni di silenzio, tre anni in cui il mondo, l’Europa, l’Italia, sono cambiati, si sono succeduti nuovi presidenti e nuovi ministri, nuovi arrivi e nuove partenze, ma tutto è rimasto tremendamente uguale, anzi quella realtà profeticamente annunciata dai tre conduttori radiofonici è ora sempre più attuale e vicina. Questa è l’ultima ora: allo scoccare della mezzanotte, insieme con la chiusura del programma, chiuderà per sempre anche la radio. Gli spettatori spiano i tre conduttori sempre più inquieti che, come tutte le notti da più di dieci anni, portano avanti il programma con le sue rubriche, i suoi approfondimenti, i suoi giochi e non sanno, o forse sì, di essere visti, loro che sono abituati ad essere sempre e soltanto ascoltati e ad ignorare gli inquietanti segnali che giungono dall’esterno.

La messa in scena ripropone dal vivo uno studio radiofonico dove i tre conduttori giocano, vivono, si vedono morire lentamente, in una società che non li vuole, che non sa che farsene della Poesia e che riesce ad alimentare solo ed esclusivamente Paura. Un viaggio all’interno della poesia classica e contemporanea, un viaggio all’interno del mito, attraverso il gioco, e la leggerezza iniziale, i tre protagonisti conducono gli spettatori e/o radioascoltatori nella violenza non dichiarata e non vista del nostro presente.

Il mondo esterno sta per irrompere violentemente nello storico studio da un momento all’altro. Fino a qui tutto bene!
18.5.16
  ,
 
Support : MarXoB
Copyright © 2011. e-performance.tv - All Rights Reserved
Template Created by MarXoB | Published by e-performance.tv
powered by Blogger