TEATRO ARGOT STUDIO 6 APRILE 2016
ARGOT PRODUZIONI / UFFICI TEATRALI
SISTEMA CECHOV
ZIO VANJA
di Anton Cechov
un progetto di Uffici Teatrali
regia Filippo Gili
con
Ermanno De Biagi Aleksandr Serebrjakov
Alessandro Federico Michail L'voviè Astrov,
Paolo Giovannucci, Ivan Petroviè Vojnickij
Matteo Quinzi, Il'ja Il'iè Telegin
Emanuela Rimoldi, Sof'ja Aleksandrovna (Sonja)
Chiara Tomarelli, Elena Andreevna
aiuto regia Pietro Marone
scene Francesco Ghisu
costumi Daria Calvelli
si ringrazia il C.I.A.P.A. Roma
e Acting School di Gisella Burinato
Zio Vania è la storia di donne e uomini, anche qui come in Tre sorelle, fatti evadere da un’epoca, senza gli strumenti per attraversarne un’altra. La storia di un appellativo che di contorno può essere importante, centralizzato, come non può che esserlo se ‘titolo’, diventa ridicolo: zio. La storia di uno zio: della sua viltà, del suo errore, del suo rancore, dalla sua tardiva megalomania. Tutto così di oggi, a pensare quanti di noi, per paura di vivere, affidano alle tasche di un idolo - spesso poi crollato -, il portafoglio della propria gloria.
13.4.16
Teatro
ARGOT PRODUZIONI / UFFICI TEATRALI
SISTEMA CECHOV
ZIO VANJA
di Anton Cechov
un progetto di Uffici Teatrali
regia Filippo Gili
con
Ermanno De Biagi Aleksandr Serebrjakov
Alessandro Federico Michail L'voviè Astrov,
Paolo Giovannucci, Ivan Petroviè Vojnickij
Matteo Quinzi, Il'ja Il'iè Telegin
Emanuela Rimoldi, Sof'ja Aleksandrovna (Sonja)
Chiara Tomarelli, Elena Andreevna
aiuto regia Pietro Marone
scene Francesco Ghisu
costumi Daria Calvelli
si ringrazia il C.I.A.P.A. Roma
e Acting School di Gisella Burinato
Zio Vania è la storia di donne e uomini, anche qui come in Tre sorelle, fatti evadere da un’epoca, senza gli strumenti per attraversarne un’altra. La storia di un appellativo che di contorno può essere importante, centralizzato, come non può che esserlo se ‘titolo’, diventa ridicolo: zio. La storia di uno zio: della sua viltà, del suo errore, del suo rancore, dalla sua tardiva megalomania. Tutto così di oggi, a pensare quanti di noi, per paura di vivere, affidano alle tasche di un idolo - spesso poi crollato -, il portafoglio della propria gloria.