Teatro Studio Uno 30 gennaio 2016
“Capinera”
Di e con Rosy Bonfiglio
Adattamento e regia Rosy Bonfiglio
Aiuto regia Giuliano Braga
Luci Michelangelo Vitullo
Musica Angelo Vitaliano
Progetto Grafico Fabrizio Brandi
Ispirato al capolavoro Verghiano “Storia di una capinera” del 1869.
“Io sono meno di una donna, io sono una povera monaca, un cuore meschino per tutto ciò che oltrepassa i limiti del chiostro, e l’immensità di quest’orizzonte che le si schiude improvvisamente dinanzi l’acceca…”.
E’ tra queste righe che Rosy Bonfiglio fa partire magicamente il cuore pulsante di una storia fuori tempo, eppure estremamente attuale, se non addirittura archetipica, decontestualizzata dalla tematica religiosa e dalla collocazione spazio-temporale verghiane.
In scena la storia di una fanciulla, Maria, condannata alla monacazione da un destino familiare sfortunato. Non ancora compiuti i voti, durante l’epidemia di colera che colpisce Catania alla fine del 1800, la giovane torna temporaneamente in campagna, dalla sua famiglia: pochi mesi per scoprire il mondo, la vita e la bellezza della libertà. Pochi mesi per conoscere dolorosamente l’amore per un uomo, esplosione assoluta di impulsi sconosciuti e ingestibili per una piccola anima fragile e digiuna di esperienze.
Maria, come una tragica Cenerentola sconta i soprusi di una matrigna gelida e indifferente, le debolezze di un padre troppo devoto alla moglie, le angherie di un destino che non perdona la libertà, piuttosto la condanna. Maria incarna perfettamente un conflitto da tipica eroina tragica, pagando con la vita il prezzo della dolorosa scoperta del senso critico, inteso come coscienza, sguardo personale sulla realtà.
Come un piccolo Edipo al femminile, Maria si mette in viaggio, seppur inconsapevolmente, alla ricerca della propria verità, scontrandosi con l’inevitabile dualità dei sentimenti umani e con la difficoltà di appropriarsi di una giovinezza fino a quel momento castrata e mortificata.
Teatro Studio Uno 30 gennaio 2016“Capinera”
Di e con Rosy Bonfiglio
Adattamento e regia Rosy Bonfiglio
Aiuto regia Giuliano Braga
Luci Michelangelo Vitullo
Musica Angelo Vitaliano
Progetto Grafico Fabrizio Brandi
Ispirato al capolavoro Verghiano “Storia di una capinera” del 1869.
“Io sono meno di una donna, io sono una povera monaca, un cuore meschino per tutto ciò che oltrepassa i limiti del chiostro, e l’immensità di quest’orizzonte che le si schiude improvvisamente dinanzi l’acceca…”.
E’ tra queste righe che Rosy Bonfiglio fa partire magicamente il cuore pulsante di una storia fuori tempo, eppure estremamente attuale, se non addirittura archetipica, decontestualizzata dalla tematica religiosa e dalla collocazione spazio-temporale verghiane.
In scena la storia di una fanciulla, Maria, condannata alla monacazione da un destino familiare sfortunato. Non ancora compiuti i voti, durante l’epidemia di colera che colpisce Catania alla fine del 1800, la giovane torna temporaneamente in campagna, dalla sua famiglia: pochi mesi per scoprire il mondo, la vita e la bellezza della libertà. Pochi mesi per conoscere dolorosamente l’amore per un uomo, esplosione assoluta di impulsi sconosciuti e ingestibili per una piccola anima fragile e digiuna di esperienze.
Maria, come una tragica Cenerentola sconta i soprusi di una matrigna gelida e indifferente, le debolezze di un padre troppo devoto alla moglie, le angherie di un destino che non perdona la libertà, piuttosto la condanna. Maria incarna perfettamente un conflitto da tipica eroina tragica, pagando con la vita il prezzo della dolorosa scoperta del senso critico, inteso come coscienza, sguardo personale sulla realtà.
Come un piccolo Edipo al femminile, Maria si mette in viaggio, seppur inconsapevolmente, alla ricerca della propria verità, scontrandosi con l’inevitabile dualità dei sentimenti umani e con la difficoltà di appropriarsi di una giovinezza fino a quel momento castrata e mortificata.
“Capinera”
Di e con Rosy Bonfiglio
Adattamento e regia Rosy Bonfiglio
Aiuto regia Giuliano Braga
Luci Michelangelo Vitullo
Musica Angelo Vitaliano
Progetto Grafico Fabrizio Brandi
Ispirato al capolavoro Verghiano “Storia di una capinera” del 1869.
“Io sono meno di una donna, io sono una povera monaca, un cuore meschino per tutto ciò che oltrepassa i limiti del chiostro, e l’immensità di quest’orizzonte che le si schiude improvvisamente dinanzi l’acceca…”.
E’ tra queste righe che Rosy Bonfiglio fa partire magicamente il cuore pulsante di una storia fuori tempo, eppure estremamente attuale, se non addirittura archetipica, decontestualizzata dalla tematica religiosa e dalla collocazione spazio-temporale verghiane.
In scena la storia di una fanciulla, Maria, condannata alla monacazione da un destino familiare sfortunato. Non ancora compiuti i voti, durante l’epidemia di colera che colpisce Catania alla fine del 1800, la giovane torna temporaneamente in campagna, dalla sua famiglia: pochi mesi per scoprire il mondo, la vita e la bellezza della libertà. Pochi mesi per conoscere dolorosamente l’amore per un uomo, esplosione assoluta di impulsi sconosciuti e ingestibili per una piccola anima fragile e digiuna di esperienze.
Maria, come una tragica Cenerentola sconta i soprusi di una matrigna gelida e indifferente, le debolezze di un padre troppo devoto alla moglie, le angherie di un destino che non perdona la libertà, piuttosto la condanna. Maria incarna perfettamente un conflitto da tipica eroina tragica, pagando con la vita il prezzo della dolorosa scoperta del senso critico, inteso come coscienza, sguardo personale sulla realtà.
Come un piccolo Edipo al femminile, Maria si mette in viaggio, seppur inconsapevolmente, alla ricerca della propria verità, scontrandosi con l’inevitabile dualità dei sentimenti umani e con la difficoltà di appropriarsi di una giovinezza fino a quel momento castrata e mortificata.
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