Ultimi Video

FaustIn and out

Short Theatre 7 SETTEMBRE 2015 Roma LA PELANDA | TEATRO 1
teatro
nell’ambito del Focus Jelinek
FaustIn and out
sotto sopra dentro fuori il Faust di Goethe
di Elfriede Jelinek
regia Fabrizio Arcuri
traduzione di Elisa Balboni e Marcello Soffritti
sopra/sotto Angela Malfitano, Francesca Mazza, Sandra Soncini e Marta Dalla Via
dentro/fuori Matteo Angius e Fabrizio Arcuri
scenotecnica Marco Manfredi
un ringraziamento a Alessandro Saviozzi
produzione Tra un atto e l’altro, Accademia degli Artefatti e Festival Focus Jelinek
in collaborazione con Emilia Romagna Teatro Fondazione
e con il sostegno della Regione Emilia Romagna
Prima parte
La Presentazione durata 65 min
Seconda parte
La Rappresentazione durata 85 min
Terza parte
La Cronaca durata 35 min
www.artefatti.org
Una riscrittura al femminile del Faust di Goethe che percorre e intreccia tre livelli di significato: filosofico, politico e della cronaca, secondo una tecnica consueta per Elfriede Jelinek, scrittrice austriaca Premio Nobel per la letteratura nel 2004.
L’autrice riprende la vicenda, accaduta in Austria, del padre che ha tenuto segregata per anni la figlia nella cantina di casa costringendola a un rapporto incestuoso, ponendola però in una dimensione fisica e metaforica che prevede un alto e un basso, un fuori e un dentro. Per questo FaustIn and out è stato definito dalla stessa autrice “dramma secondario”, ovvero una specie di commentario teatrale all’opera di Goethe.
FaustIn and out è un’impresa. Folle.
Come è folle cercare di leggere l’Occidente nel suo conflitto uomo/donna, nel partire dalla centralità del progetto maschile di cercare la felicità “l’assunto faustiano” per poi applicarlo a un fatto di cronaca estremo dove le logiche capitalistiche, l’essere e il nulla di Heidegger e la Bibbia precipitano in soccorso per una giustificazione che di fatto non c’è.
Non c’è nella religione, non c’è nella filosofia e non c’è nell’economia. Non c’è nell’idea di comunità dell’Occidente.
Tutto questo e’ ancora più arduo se si prova a scardinare le convenzioni teatrali. Allora FaustIn, significa faust, ma significa anche faust dentro e in effetti noi siamo dentro al Faust.
Faust è allo stesso tempo anche dentro la protagonista, quindi chi ha faust dentro? Margherita.
E gli attori sono dentro questi personaggi.
La tragedia di Margherita del Faust diviene pertanto il punto di partenza. C’è qualcosa dell’avanspettacolo nel testo della Jelinek che fa di Faust il palcoscenico di un cabaret. La vittima qui è il protagonista, come di là lo era il carnefice. Ma poi, chi è davvero la vittima? E chi il carnefice? Faustin and out, inedito in Italia, è stato appositamente tradotto da Elisa Balboni e Marcello Soffritti, direttore del Dipartimento di interpretazione e traduzione dell’Università di Bologna. La produzione è nata all’interno del Festival Focus Jelinek la cui direzione artistica è di Elena Di Gioia. Fabrizio Arcuri, uno dei registi più interessanti e attenti alla drammaturgia contemporanea, ne curerà la messa in scena. Angela Malfitano e Francesca Mazza proseguono l’approfondimento sulla scrittura della Jelinek e sul mito di Faust iniziato con gli spettacoli La regina degli Elfi e Histoire d’F. Attori e tecnici costruiranno e decostruiranno la scena così come la Jelinek costruisce e decostruisce il testo; affronteranno l’improbabile cabaret da lei proposto cercando di stare sopra e sotto, dentro e fuori l’opera. La produzione è nata all’interno del vasto progetto Festival Focus Jelinek con l’ideazione e la direzione artistica di Elena Di Gioia e vede la collaborazione tra Accademia degli Artefatti e Tra un atto e l’altro intorno al nodo che lega Goethe e la Jelinek, oltre che le loro volontà culturali e teatrali.
Da FaustIn & out (2011) di E. Jelinek:
“Ha fatto tutto lui qui sotto, ha minato la porta e ci ha attaccato i tubi del gas, per poterci gas-tigare tutti in caso di fuga, così ha detto, ha ammesso, l’ha ammesso, ma non era vero: non c’era alcun gas, non aveva fatto cattivo viso a buon gioco, non c’era nessuna mina che potesse saltare in aria, l’unico che può saltare di sopra è lui, noi restiamo sotto, noi purtroppo dobbiamo rimanere sotto, era pur sempre il mio amato papà, non c’era alcuna mina cattiva là sotto da noi.
L’aveva detto soltanto per incuterci paura della libertà. Come se non l’avessimo già! Eravamo la sua unica clientela, la clientela di papà, avrebbe potuto comportarsi meglio con noi, ma in ogni caso ci dava da mangiare, eravamo la sua famiglia. Eravamo la sua seconda famiglia. Certi non ne hanno neanche una e lui ne aveva due. La mia lingua ha persino trovato una parola, di solito non è capace di trovare abbastanza parole, ma una ora ce l’ha, la lingua è una delle poche cose che qui si possono muovere, c’è così poco spazio…”
1.10.15
 

My personal tàranto

Short Theatre SABATO 5 SETTEMBRE 2015 Roma LA PELANDA | FOYER 1
teatro/performance
nell’ambito di IYMA/International Young Makers in Action
my personal tàranto
di Isabella Mongelli
con Isabella Mongelli e Antonello Greco
tecnico Francesco Catacchio
luci Valentino Ligorio
sound design Alessandro Altavilla
attrezzeria Yesenia Trobbiani
produzione Isabella Mongelli, Teatro Menzatì in coproduzione con Area 06
con il sostegno di ExFadda, Manifatture Knos, Teatro TaTà
iyma.eu/artists/isabella-mongelli.it
www.isabellamongelli.it/my-personal-taranto
my personal tarànto è uno spettacolo su Taranto che non nomina mai la città né l’Ilva ma fa volare cozze.
In scena una donna/ragazza e un uomo/ragazzo, non hanno nomi, l’ambientazione è distopica, i colori intermedi, tanto fumo. La città è vissuta dal punto di vista di una persona anagraficamente appartenente alla città ma che se ne distanzia, la guarda da fuori, la vive come un turista o uno straniero con carta di identità a breve scadenza. Con quell’accento è un posto esotico, un tristissimo tropico da studiare e vivere tra se e sé. E tarànto non fa più riferimento al luogo reale ma è una nuova parola che vuol dire: vita in luoghi tossici.
Il punto di vista è mobile e incarna spostamenti tra interno, esterno, scivolamento sia volontario che involontario, uscita auto-forzata, visione e distorsione. La città è presa in considerazione come una qualsiasi città in cui la vita va avanti saltando tra veleni e un desiderio costante di evasione ne rende più vivida la permanenza. Lo spettacolo ha un’aria mentale antecedente ai fatti dell’autunno 2012, quando la città era un posto abbandonato da dio/media/moda/politica. Non c’era nessuno e c’era molto spazio per l’immaginazione (ma anche ora nel 2015 è più o meno così). My personal tarànto vuol parlare di assetti umani particolarissimi. A Taranto si assiste ad un’estremizzazione molto agghiacciante e degna di attenzione: l’azione politico/economica non ha solo degli effetti sulla vita quotidiana delle persone ma entra proprio dentro le cellule delle persone, fino a modificarle.
Occorrerebbe essere ovunque prendere e schizzare via in un sacco di punti mettersi in una di quelle, come si chiamano???
E lanciarsi, andare a trovare tutti.
Lo spettacolo ha debuttato in Febbraio 2014 al Teatro TaTà di Taranto, nella stagione della rete ‘Teatri Abitati’ e porta in Teatro un percorso di indagine che ha prodotto Visions in tarànto e Lido Azzurro, performance che rimanda ad una spiaggia tossica frequentata da due bagnanti temerari e passibili di continua commozione, la performance è stata invitata da Michele Di Stefano per la rassegna ‘Tropici’ . E’ in preparazione Industrial Grand Tour : un tour in Bus GT nell’area industriale tarantina, con una guida al microfono, delle brevi soste, dei souvenirs e un aperitivo di arrivederci.
1.10.15
 

Confessione

Short Theatre DOMENICA 6 SETTEMBRE 2015 Roma LA PELANDA | FOYER 1
teatro
Nell’ambito di Fabulamundi. Playwriting Europe
Confessione
(Confessione di un ex presidente che ha portato il suo paese sull’orlo della crisi)
di Davide Carnevali
con Michele di Mauro
suoni G.U.P. Alcaro
con il sostegno di PIIGS – Festival de Dramatúrgia sobre la crisi, Barcelona 2014
Outis Tramedautore, Milano 2014
Lo spettacolo Confessione di un ex presidente che ha portato il suo paese sull’orlo della crisi è interpretato da Michele Di Mauro. Confessione è un testo del 2012, che nasce in un contesto geograficamente lontano, ma in qualche modo socialmente prossimo a quello italiano. Nel periodo in cui vivevo a Buenos Aires, abitavo vicino al Congreso, il parlamento argentino, a pochi minuti a piedi dalla Casa Rosada -sede presidenziale- e dal neonato Museo del Bicentenario, che ripercorre la storia politica del paese dalla sua nascita ad oggi. La politica argentina è senza dubbio un argomento affascinante, così come affascinante è il suo più grande mistero: il Peronismo. Un’etichetta che unifica -ma solo nominalmente- politiche anche opposte, come quella che si fa in Argentina oggi e quella che si faceva negli anni Novanta; quella dei Kirchner e quella di Carlos Menem, il presidente che dal 1989 al 1999 ha plasmato l’immagine dell’Argentina pre-crisi. Un paese allora ricco, neoliberale, cool, che aspirava al modello etico ed estetico incarnato dal suo presidente. Un presidente che, senza che (quasi) nessuno se ne rendesse conto, portò il paese sull’orlo del baratro, e lo lasciò cadere. Un episodio della storia argentina che può insegnare molto all’Europa di oggi.
In Confessione un ex presidente parla al suo popolo dicendo tutto quello che non ha voluto, potuto, o saputo dire durante il suo mandato. L’ex presidente si rivolge al pubblico come se si stesse rivolgendo alla corte di un tribunale popolare che lo deve giudicare. Lo spettatore si sentirà quindi letteralmente chiamato in causa, invitato a svolgere il compito che ogni evento teatrale implicitamente o esplicitamente gli richiede: l’esercizio dello spirito critico. In questo senso il teatro torna a essere politico: teatro per la polis, la comunità. Confessione è un’opera sul linguaggio.
Sulla facilità nel confondere il linguaggio come strumento descrittivo e il linguaggio come strumento creativo.
Sull’uso del linguaggio, e soprattutto sull’uso che il potere fa del linguaggio, nel creare un’immagine della realtà che sottilmente si impone sulle altre, e diviene immagine egemonica, e divenendo egemonica giustifica il proprio uso (o meglio: l’uso improprio) del linguaggio.
Parassita della retorica politica (e dunque, in qualche modo, alla retorica teatrale), il discorso fluisce qui limpido, semplice, a partire dalla ricerca della parola che dica finalmente le cose come stanno, senza confondere.
Ma è davvero possibile esprimere la reale realtà delle cose attraverso le parole? O non è forse il linguaggio stesso già la costruzione di una finzione, che inevitabilmente allontana dall’esperienza reale, nel momento stesso in cui pretende di comunicarla, analizzarla, fare luce su di essa?
Quella dell’ex presidente è davvero di una confessione?
O non sarà invece, piuttosto, un’altra storia inventata?
1.10.15
 

WAR NOW!

Short Theatre 8 SETTEMBRE 2015 Roma LA PELANDA | TEATRO 1
teatro
WAR NOW!
concept e regia Valters Sīlis, Teatro Sotterraneo
in scena Matteo Angius, Sara Bonaventura, Claudio Cirriscrittura, Valters Sīlis, Daniele Villa
set design Ieva Kauliņa
luci Marco Santambrogio
consulenza marketing per la Terza Guerra Mondiale Mali Weil, Virginia Sommadossi
si ringrazia Francesco Canavese, Tempo Reale per le registrazioni audio
produzione Associazione Teatrale Pistoiese
collaborazione alla produzione Santarcangelo •14 Festival Internazionale del Teatro in Piazza, Teatro Sotterraneo
da una proposta di Santarcangelo •14 Festival Internazionale del Teatro in Piazza
sostegno alla produzione Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, Regione Toscana
in collaborazione con Centrale Fies, Provincia Autonoma di Trento
residenze artistiche Associazione Teatrale Pistoiese, Santarcangelo •12 •13 •14 Festival Internazionale del Teatro in Piazza, Centrale Fies, Dirty Deal (Riga – LV)
Teatro Sotterraneo fa parte di Fies Factory ed è residente presso l’Associazione Teatrale Pistoiese
produzione e amministrazione Monica Papperetti
segretaria di produzione Sara Bruni
con la collaborazione di Marianna Caruso
ufficio stampa Francesca Marchiani

www.teatrosotterraneo.it
www.centralefies.it

All’interno del progetto internazionale SharedSpace, Valters Sīlis (LV) e Teatro Sotterraneo (I) s’incontrano per realizzare insieme uno spettacolo, sollecitati dal centenario dello scoppio della Grande Guerra. Se nel 1914 nasceva il concetto moderno di propaganda su scala globale, nel 2014 la guerra psicologica è parte integrante di ogni strategia militare: ogni bomba è accompagnata dalla nostra capacità di ruotare il punto di vista sui conflitti, producendo vocabolari nuovi, narrazioni coinvolgenti e porzioni d’immaginario sempre più efficaci nel condizionare l’opinione pubblica all’accettazione del massacro reciproco. Da questo punto di partenza, WAR NOW! cerca di proiettare in avanti il senso del centenario allestendo un gioco che racconti la Terza Guerra Mondiale attraverso determinati meccanismi manipolatori, fra infowar e disinformacjia fino ai limiti del warporn, dove il divertimento anestetizza l’orrore. WAR NOW! mette in scena un’esperienza paradossale in cui attori/storytellers e spettatori/players si ritrovano dentro un ipotetico terzo conflitto, nel tentativo di interrogare le possibilità dell’entertainment bellico come ultima frontiera della persuasione. Wanna play the game?
1.10.15
 

Becoming

Short Theatre 6 SETTEMBRE 2015 Roma LA PELANDA | FOYER 2
danza
Nell’ambito del progetto IYMA – International Young Makers in Action | PRIMA NAZIONALE
Becoming
idea e coreografia Youness Khoukhou
danzatori Youness Khoukhou, Radouan Mriziga, Zoltán Vakulya
suono e luci Benoit Pelé
coproduzione Charleroi Danses, Centre Chorégraphique de la Fédération Wallonie-Bruxelles, Les Brigittines, Moussem, Centre nomade des arts
con il supporto di Fonds Prince Philippe de La Fondation Roi Baudouin, Summer Studios Rosas
www.iyma.it.eu/artists/youness-khoukhou-ma-be
Misurare lo spazio, non solo disegnando traiettorie, ma anche cambiando il ritmo di una camminata, la frequenza di un salto: con questa semplice eppure decisiva, missione nasce la performance, che avanza poi per mimetismo gestuale, lasciando rielaborare a ognuno dei tre interpreti l’azione coreografica. La specificità emerge nel confronto.
Elementi differenti compongono il nostro movimento quotidiano. Quando siamo in un ambiente urbano siamo parte di specifiche messe in scena, secondo tempi dati ma che allo stesso tempo componiamo e influenziamo. La strada è uno spazio pubblico che si presenta come la geometria composta di percorsi fisici e di percorsi astratti. Quando elementi individuali o collettivi si inseriscono in questa geometria, all’improvviso/di colpo una nuova struttura già scritta si mostra. A questo punto possono incidere sulle costruzioni individuali? In che modo i nostri piccoli spazi possono esistere in questa mappa strutturata e come l’individuale può influenzare il collettivo? (Youness Khoukhou)
1.10.15
 
 
Support : MarXoB
Copyright © 2011. e-performance.tv - All Rights Reserved
Template Created by MarXoB | Published by e-performance.tv
powered by Blogger