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Le figurine mancanti del 1978

Teatro Studio Uno 6 febbraio 2015
Le figurine mancanti del 1978
della compagnia Teatro Forsennato, spettacolo scritto e diretto da Dario Aggioli, protagonista in scena insieme a Daniele Giuliani di un performance intensa e coinvolgente che rievoca il dramma del regime, dell'oppressione e dei desaparecidos da due punti di vista differenti.
Aiuto regia Elisa Carucci, assistente alla regia Diana Cagnizi, consulenza Isabel Cortes Nolten.
Due figure raccontano due eventi all’apparenza molto distanti. Un bambino racconta i mondiali che si svolgono in Argentina. A lui interessa solo il gioco del calcio e non vede quello che c’è intorno, vuole rimanere bambino e da tale si comporta: come tutto il resto del mondo pensa solo alle partite e al momento in cui la coppa sarà levata al cielo.
Un altro bambino racconta il dramma della dittatura e dei desaparecidos. Lui vede quello che c’è intorno e per questo non vuole più giocare. Come si può giocare per una nazione sconvolta dalla dittature e desiderare di alzare la Coppa del Mondo nel proprio paese? Argentina'78. Molte figurine ce l'ho, alcune son doppioni, altre desaparecidos.
28.2.15
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LapènLapèn

Teatro dell’Orologio 11 Febbraio 2015
 nO (Dance first. Think later) presenta
 LapènLapèn
Ideazione: Elena Gigliotti, Dario Aita
Regia: Elena Gigliotti
Coreografie: Claudia Monti
Costumi : Giovanna Stinga
Luci: Claudio Amadei
CON : Cristina Donadio e (in ordine alfabetico): Dario Aita, Lucio De Francesco, Antonio Gargiulo, Elena Gigliotti, Ivan Marcantoni, Luca Catello Sannino, Nella Tirante,
Gli anni 90 sono un ricordo da sfogliare dopo pranzo, di domenica. Le foto dei compleanni passano davanti agli occhi, come se questi anni 90 stessi ci avessero lasciato solo immagini sbiadite, maglioni sbagliati, cerchietti, e canzoni. Gli anni 90 al sud, sono la famiglia. Sono le sorelle che ascoltano Alessandro Canino e si nascondono nel bagno per piangere. E i fratelli, che fanno ritorno e che parlano poco. E se parlano, litigano. Sono LapènLapèn, che esiste e non esiste, e guarda la poesia di questi anni andati con occhi pieni di nostalgia. Sono mamma e papà. Sono soprattutto mamma. A cui non sfuggono respiri, pensieri e agitazioni. Mamma che deve esserci sempre. Mamma che guverna centu figghi. E pronta a ricordarci, infine,che centu figghi non governanu na mamma. LapènLapèn è esattamente questo. Sfogliare le foto dei compleanni dopo pranzo, di domenica.
A distanza di tempo. Poichè nel tempo, gli anni raccontati, maturano. E noi pure. Insieme a nomi, legami , e ricordi. Pieni-pieni di questi magnifici anni 90. Da sfogliare. Dopo pranzo, di domenica.
Un regalo per chi ha famiglia. Per chi ne ha più di una. E per chi non ne ha.
23.2.15
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Peli

Teatro Argot Studio 12 FEBBRAIO 2015
PELI
scritto da Carlotta Corradi
regia Veronica Cruciani
con Alex Cendron e Alessandro Riceci
scene e costumi Barbara Bessi
musiche Paolo Coletta
luci Gianni Staropoli
assistente alla regia Tullia Raspini
organizzazione e distribuzione Francesca Montanino
foto Laila Pozzo
una produzione Quattroquinte
in collaborazione con OffRome
Due donne giocano a Burraco, l’una di fronte all’altra. “Alza”. Una distribuisce le carte. L’altra le raccoglie. “Ho delle carte orrende”. Dice sempre così, pensa l’altra. Un gioco educato, una conversazione formale, quella confidenza propria dei rapporti adulti appesantiti da una vita di non detti. Una è vedova, ha perso il suo uomo, il suo amore, l'altra è vedova pur non essendolo. Il passato e il presente gettano le due donne in un continuo scambio di potere. Domina una e l’altra soccombe, poi viceversa. Le carte seguono, bilanciano, enfatizzano gli attriti. Finché qualcosa interrompe il meccanismo di un dialogo borghese per entrare nella dimensione dell'emozione e dell'istinto.
23.2.15
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Sei personaggi in cerca di autore

Teatro dell’Orologio 18 Febbraio 2015
 SEI PERSONAGGI IN CERCA D'AUTORE
da Luigi Pirandello
uno spettacolo di VicoQuartoMazzini
regia, luci e suono Gabriele Paolocà
con Michele Altamura, Nicola Borghesi, Riccardo Lanzarone, Paola Aiello, Natalie Norma Fella
costumi Cristina Di Bari
prodotto da VicoQuartoMazzini e Teatro Kismet Opera
con il sostegno di Progetto Goldstein e Teatro dell'Orologio
Sei personaggi irrompono nella testa di un ex teatrante. Sono un padre, una madre e quattro figli. Sei personaggi incompleti, talmente incompleti da esser rappresentati anche solo con una parrucca o una giubba da marinaretto. Portano con sé un dramma doloroso, macchiato di sangue e vergogna. Chiedono all'ex teatrante di poterlo vivere lì, davanti a lui, affinché lui lo possa trascrivere donandogli vita eterna.
L'ex teatrante è titubante. Lui ha smesso col teatro. “Io non voglio più essere io”, così dice a sua difesa.
I Sei Personaggi tentano il loro autore nell'ora del crepuscolo, quando egli, abbandonato su una poltrona, lascia che l'ombra invada la sua stanza e che quell'ombra brulichi della loro presenza. E' questa l'immagine con cui Pirandello descrive il sacro momento della creazione, è un'immagine magica e inquietante, bianca e nera: la questione creativa è una questione di vita o di morte. Pirandello intende l'artista come un sensitivo succube di un'idea che s'impadronisce della sua testa e ne modifica lo sguardo e la realtà. Ed è così che la realtà, quella riconosciuta da tutti, diventa distante, la realtà di un altro pianeta.
In che mondo vive un artista? Qual è la sua verità? Quanto una “realtà altra” diventa alienazione e quanto àncora di salvezza?
Affrontare Pirandello vuol dire sedersi accanto a lui, in quell'ora del crepuscolo, a fare la conta dei propri fantasmi.
“Ho scritto questa commedia per liberarmi da un incubo” così scrive Pirandello nella sua presentazione. E se invece di allontanarsi, quell'incubo s'impadronisse di noi?
Quando una piccola compagnia del ventunesimo secolo, con le sue difficoltà e le sue gioie, le sue ambizioni e le sue amputazioni si mette di fronte a un classico di tale portata, la prima cosa che salta agli occhi è l'abissale distanza che c'è tra la sua condizione e quella della compagnia degli attori con cui si relazionano i 6 personaggi nel testo originale. Attraverso la noia e il cinismo con cui fa parlare gli attori, Pirandello mette alla berlina un sistemo tronfio di vizi e scarno di virtù, dove il suggeritore è incapace di suggerire, gli attori di recitare e il regista di imporre il proprio pensiero, dove l'uomo di teatro è paragonabile a un impiegato statale in attesa di finire il proprio turno di lavoro. No, noi (per fortuna e purtroppo) non siamo questo. Noi la compagnia degli attori la simboleggiamo attraverso un uomo solo, prigioniero dei ricordi, intrappolato in un passato decisamente più interessante del suo presente. Noi la compagnia degli attori la simboleggiamo attraverso un uomo che non ha più una compagnia, che ha smesso di fare teatro (perché si deve pur mangiare) ma che al teatro non riesce a smettere di pensare e l'ossessione di questo ricordo lo porta a compiere una sciocchezza. Noi la compagnia degli attori la simboleggiamo attraverso un uomo che si punta una pistola alla tempia. Questo spettacolo potrebbe durare un istante, quell'istante, quando il freddo del ferro ti preme sulla tempia e il futuro, dall'altra parte, da dentro le cervella, aspetta in silenzio. E' a quest'uomo che i personaggi chiedono di essere ascoltati, è a lui che chiedono di poter rappresentare la propria storia. E' a lui che offrono una chance.

Gabriele Paolocà
23.2.15
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La Signorina Papillon

Teatro Tordinona 8 Febbraio 2015
 La Signorina Papillon
Di Stefano Benni
Con: Francesca Cama (Rose),Raffaele Carbone (Constantin Millet), Giorgia Catania (Marie Luise), Pietro D'Elia (Armand).
Regia: Piero Di Blasio
Costumi di Valentina Giura, direzione tecnica Federico Maria Isaia.
Rose Papillon vive in una dimensione sospesa nello spazio e nel tempo, racchiusa nel bozzolo protetto della tranquilla vita del suo giardino. Lontana dal mondo fatuo che le gravita intorno, la donna si diverte a collezionare farfalle e a parlare con il suo pappagallo morto, che inspiegabilmente conosce a memoria i versi di Mallarmè. A sconvolgere l’idillio di Rose saranno tre personaggi corrotti e dissoluti, personificazione della tentazione parigina che cercano di corrodere la purezza incontaminata della donna. Nello scontro tra sogno e realtà si perde la dimensione del vero e si cade inevitabilmente nel no sense e nel paradosso. Un’opera irriverente ed allusiva che risulta essere nella sua spontanea complessità assolutamente contemporanea.
23.2.15
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Conversazione sul luogo dell'incidente - Trasfigurazione cruenta di Jackson Pollock

Teatro dell'Angelo 2 febbraio 2015
"Conversazione sul luogo dell'incidente - Trasfigurazione cruenta di Jackson Pollock"
di Giuseppe Manfridi.
Vivo… della mia morte, e se ben guardo / felice vivo… d’infelice sorte; / e chi viver non sa d’angoscia… e morte / nel foco venga, ov’io… mi struggo e ardo. Sulla soglia «nel foco venga, ov’io… mi struggo e ardo». Come pochi Giuseppe Manfridi (anche nelle sue incursioni nella prosa) sa raccontare gli istanti prima del momento supremo. Spingendosi, in questo testo dedicato a Pollock, nella direzione che tutti i narratori ambiscono di raccontare: gli istanti subito successivi alla morte. L’ineffabile, di sgomento o di meraviglia. Per il celebre pittore, i momenti seguenti al tragico incidente che lo sottrae al mondo (ma è poi proprio così, una sottrazione? Non è, al contrario, una moltiplicazione sembra interrogarci il testo?). Mi vengono in mente, per letture coeve al testo di Manfridi, tra i moltissimi esempi contemporanei, Aldilà di Stanislao Nievo: duecento pagine per raccontare i secondi trascorsi dopo la morte del protagonista o lo stupendo ultimo “canto” narrativo di un autore quasi completamente postumo Dissipatio H.G. di Guido Morselli, che qualcuno ha voluto interpretare proprio come una lunga meditazione sulla soglia, nel limbo tra la vita e la morte. E di dissipatio certo si può parlare per questo testo, già dalla scelta del protagonista maschile, non solo un pittore, ma il mito annientante e fecondo di una generazione. Un incontro fatale con Manfridi, necessario, in quel suo filone drammaturgico adamantino e originale: la sublimità dell’arte, forza dirompente, destabilizzante nelle mani di una materialità transeunte, malata, fisicamente o psichicamente, posta davanti ai soffocamenti e alla cattività della condizione umana, in un luogo imprecisato, scalino del tempio dedicato alla signora nostra morte corporale. Negli ultimi momento, appunto, della vita. In limine alla morte. Leopardi, Puccini, Dostoevskij, Campana, Marlene per citare testi di grande successo, ma anche personaggi del mito, da Enea negli inferi, in Canto di mezzo, ad Andromaca e agli altri schiavi in attesa della distruzione della città in Ultimi passi per la salvezza dell’Epiro, testo recentemente pubblicato da Lepisma. Alla sorprendente Didone, testo della fine degli anni Ottanta, ripreso più volte, ora pubblicato in questa splendida e meritevole collana di La Mongolfiera, ma a cui mi è capitate di assistere, insieme all’autore, alcuni giorni prima di scrivere questa introduzione, nella suggestiva messa in scena di Fabrizio Pucci (anche interprete di Ovidio), con Marina Guadagno, alla Stanze Segrete di Roma Bruciarsi (si veda anche l’altro splendido testo davanti alla morte, non a caso pubblicato da La Mongolfiera con Didone, Arsa) l’intera vita con le schegge della divinità raggiunta nel gesto dell’arte, nella sfida continua alla morte e poi, come accade a Pollock, trovarsela davanti inaspettatamente, sbalzati chissà da dove, feriti, nudi, equivocati e inequivocabili. Con un cadavere accanto.
17.2.15
 

Divini Veleni

Teatro Tordinona 1 Febbraio 2015
 “Divini Veleni”
una commedia musicale, diretta da Beatrice Gregorini, portata in scena da Arianna Adriani, Giuseppe Arnone, Alessandra Chiappa, Eugenia Cortese, Alessandro Gerard, Luciano Pastori, Francesca Petretto, Giuseppe Santilli.
Costumi e Parrucco: Giuseppe Santilli
Scenografie: Roberto Cordova
Make Up: Valentina Sarti Magi
Direzione Tecnica: Angelo Ugazzi
Coreografie: Marica Galli
“Divini Veleni” è una rivisitazione della commedia “Arsenico e vecchi merletti” di J. Keesselring. La vicenda ha come protagonista Mortimer Brewster, severo critico teatrale, che deve vedersela con la sua famiglia di pazzi assassini e con la polizia di Brooklyn. Effettivamente ci sono dei sospetti. Le sue due vecchie zie zitelle, uccidono i loro coinquilini con vino di sambuco corretto con arsenico e, come se non bastasse, suo fratello Teddy, è convinto di essere Theodore Roosevelt e cerca di scavare il Canale di Panama in cantina, luogo dove sono sepolte le vittime delle ziette. L’altra nipote Johanna, con l’aiuto del complice Dr. Einstein, falso medico alcolizzato, cerca di sottoporsi ad un intervento di chirurgia plastica per cambiare i connotati con cui è ricercata, ha la faccia della moglie di Frankestein. Una commedia rock, con canzoni originali di Domenico Marchetti, ambientata in un cimitero e nella casa adiacente ad esso, con due anziane e simpatiche zie, due nipoti, la figlia del parroco e, inoltre, vino, veleno, amore e morte per dare vita ad una commedia grottesca, surreale, a tratti irriverente.
17.2.15
 

Fragile show

Teatro dell’Orologio 30 Gennaio 2015
Fragile show
con debiti e gratitudine a Il soccombente di T. Bernhard
con Andrea Trapani
drammatrurgia e regia Francesca Macrì e Andrea Trapani
costumi Isabella Faggiano
disegno luci Mirco Maria Coletti
“GLENN E LA SPIETATEZZA, GLENN E LA SOLITUDINE, GLENN E BACH, GLENN E LE VARIAZIONI GOLDBERG, GLENN NEL SUO STUDIO IN MEZZO AL BOSCO, IL SUO ODIO PER LA GENTE, IL SUO ODIO PER LA MUSICA, IL SUO ODIO PER LA GENTE CHE AMA LA MUSICA, GLENN E LA SEMPLICITÀ, PENSAI”
Con FRAGILE SHOW si conclude la nostra personale ricerca drammaturgica e scenica sul tema dell’inettitudine.
Una trilogia che si è delineata sempre più non come un percorso alla ricerca di domande e di conclusioni, ma come il tentativo di scovare, imparare e sostenere il ritmo di un respiro, il respiro di chi si sente sempre al di qua, di chi non riesce a trovare la propria strada eppure la desidera disperatamente.
FRAGILE SHOW nasce da quest’esigenza e dalla lettura appassionata, costante e carnivora di Thomas Bernhard. Un’operazione che per noi ha significato la rielaborazione di una commozione e la creazione di un percorso, drammaturgico e scenico, che se da un lato sente, intimamente, il debito e la gratitudine a Bernhard, dall’altro ha avvertito, sin da subito, l’urgenza di allontanarsene e di camminare con le proprie gambe. Non più Austria, non più Vienna, dunque. L’aria gelida, quasi congelata, delle pagine di Bernhard ci ha ricondotto ancora una volta a Firenze. Firenze bella di una bellezza rara, ma refrattaria al gioco e schiava della competizione per natura. Firenze che ama farsi guardare, ma mai che ri-guardi, se potesse colpirebbe alle spalle tutti quelli che vorrebbero possederla. Firenze che troppe volte ha lasciato a bocca aperta, con una bestemmia in gola, ad annusare eleganza e poesia. A Firenze, non esiste una sola parola che sia detta a caso: tutto ha un significato. Là dove gli sguardi sono schiaffi, le parole non sono da meno. Ci si fa a botte.
Nell’oro glaciale di questa città d’altri tempi è cresciuto il nostro Mastino, nuovo Werthaimer, suonatore di pianoforte. FRAGILE SHOW inizia proprio dove le pagine di Thomas Bernhard terminano. In preda ad una febbrile eccitazione, Mastino-Werthaimer decide di organizzare una festa con i suoi vecchi compagni di conservatorio, quella che più banalmente e più comunemente si definirebbe: una festa d’artisti. Seduto su una panchina, ai bordi della festa come ai bordi della vita, Mastino osserva, ragiona, si dilania. Sente gli odori di tutto quello che lo circonda. I rumori, le voci amplificate si mescolano, forse mostruosamente, alle risate, alle grida eccitate, al chiacchiericcio inutile. I volti dei suoi ex-compagni, nel corso di una lunga, lunghissima notte, assumono forme curiosamente grottesche, straniati e stranianti guardano di tanto in tanto ‘l’uomo della panchina’ come una singolarità, un’anomalia.
Due atmosfere, quasi due tempi s’incrociano in questa notte: d’un lato il tempo rapido, eccitante e frivolo della festa, dall’altro quello lento, quasi immobile, e straziante della panchina da cui Mastino guarda lo spettacolo. Se fosse per lui, questi due tempi non s’incontrerebbero mai…
17.2.15
 

Nel nome di Salomè

Teatro Tordinona 31 Gennaio 2015
 Nel nome di Salomè
atto unico scritto e diretto da Lucio Castagneri
con: Marica Malgarini, Lucio Castagneri, Simonetta Lauto, Stefano Santini, Federico Mastroianni, Rossella Rhao, Andrea Ranieri
La Compagnia dei Bugiardi
“La mia Salomè è vittima di un’educazione materna sbagliata e porta nel suo nome una sorta di maledizione che si tramanda nel tempo. La mia Salomè ruota intorno due uomini: Giovanni, amante alcolista della madre e della figlia, ed Erode, un capitano in fuga che Salomè tenta di sedurre e a cui chiede di portarla via da quello stato di soggezione e dalla prigionia in un mito che si porta dietro nel suo stesso nome.
Alla fine c’è sempre la speranza di trovare un rapporto equilibrato tra uomini e donne”.
17.2.15
 

Cartoline e transizioni

Teatro Studio Uno 31 gennaio 2015
 “Cartoline e transizioni”
un monologo per voce sola tratto dal racconto omonimo di Emanuele M. Cerone, riadattato e rivisto insieme all’attrice e performer Francesca Romana Nascè. La pièce si avvale della collaborazione artistica di Alessandra Caputo e di Daniele Casolino, anche musicista in scena.
Una cartolina, gli scatoloni del trasloco della casa dell’infanzia. Una finestra. E una donna alle prese con gli spettri della sua vita, con le vecchie ferite mai del tutto rimarginate, gli amori perduti e mai ritrovati. Sullo sfondo la luce bianca e spietata di un pomeriggio estivo del sud che indaga senza indulgenze una personalità complessa per cui è difficile provare simpatia. Il lavoro di indagine psicologica del personaggio, nasce quasi come una “ricerca sul campo”, considerando il percorso artistico e professionale dell’autore – psicologo – e dell’attrice che per anni ha lavorato come pedagoga nelle comunità psichiatriche.
In scena un personaggio che non è “bello” ma pericoloso, torbido e algido e nello stesso tempo tenero, ammiccante che devasta e si fa devastare. Le sue intime e disperate confessioni, senza rimorsi e senza pensieri lasciano trasparire la sua profonda e divorante difficoltà ad amare. L’amore si trasforma tristemente in distruzione, umiliazione di sé o dell’altro, carnefice e vittima senza sensi di colpa.
In un susseguirsi di flash back e rimandi, “Cartoline e Transizioni” senza sentimentalismi e senza alcun tipo di pietismo o ricerca di giustificazioni, racconta una storia di solitudine, triste demone dei nostri tempi dove basterebbero “piccoli gesti” veri e concreti per salvare e salvarci dall’infelicità.
17.2.15
 

Elettrocardiodramma

Teatro Argot Studio 28 Gennaio 2015
 ELETTROCARDIODRAMMA
di e con Leonardo Capuano
assistente alla regia Elena Piscitilli
luci Corrado Mura
una produzione 369gradi / Armunia
In scena un uomo balbuziente, con indosso un vestito da donna, non sembra far caso a ciò che indossa: dice d’essersi svegliato cosi. Una figura tragicomica che mi accompagna da anni, il balbuziente, non un’invenzione ma un caro amico che di tanto in tanto mi racconta come gli vanno le cose. Sembrerebbe solo ma non lo è, parla con chi gli fa compagnia da sempre, figure presenti, concrete, come quattro fratelli, la madre, la donna amata, che vivono con lui, parlano attraverso lui, e cercano di risolvere le problematiche della vita di tutti i giorni a modo loro. Eletrocardiodramma sembra un errore, ma in realtà rivela una piccola verità, una paura latente, o un punto di vista comico e sorprendente. Tutti parlano attraverso lui, e cercano di risolvere le problematiche della vita di tutti i giorni a modo loro.
10.2.15
 

TRILOGIA DELL'ATTESA - Hansel e Gretel. Il giorno dopo

Teatro Vascello 30 Gennaio 2015
 TRILOGIA DELL'ATTESA
regia: Fabiana Iacozzilli
con Elisa Bongiovanni, Giada Parlanti, Simone Barraco, Ramona Nardò, Marta Meneghetti, Francesco Zecca
disegno luci Davood Kheradmand
costume Valeria Bistoni, Cecilia Blixt, Gianmaria Sposito
trucco Erika Turella
effetti speciali Riccardo Morucci
Premio Le voci dell'anima 2007, Ermo Colle 2008, Teatri Abitati 2009, Undergroundzero Festival N.Y. 2010, PlayFestival 2013
Crescere attaccati a chi ci ha generato, stretti nei loro precetti, e ritrovarsi poi non pronti al distacco, incapaci di qualunque decisione.
Questa la condizione in cui vive oggi la nuova generazione dei giovani-adulti che, come gli otto personaggi della trilogia dell'attesa, si ritrova ad essere "orfana", "apolide", "disadattata", "dimenticata"...

"Hansel e Gretel. Il giorno dopo"
con il sostegno di: Goethe Institut, Forte Fanfulla, Casa della Pace e Kilowatt Festival
drammaturgia scenica a cura di Francisco Espejo
con: Elisa Bongiovanni, Marta Meneghetti e Giada Parlanti
scene: Matteo Zenardi
costumi: Gianmaria Sposito
effetti speciali: Riccardo Morucci
luci: Davood Kheradmand
assistente luci: Fabrizio Cicero
vocal coach: Valeria Benedetti Michelangeli
regista assistente: Ramona Nardò
assistente alla regia: Andrea Standardi
In scena un uomo e una donna adulti e talmente grassi da aver piegato sotto il loro peso le piccole sedie sulle quali siedono. Sono ingrassati a dismisura dentro i loro abiti di bambini.
A terra i resti di una casa di marzapane che hanno quasi del tutto divorato. Dal fondo della scena proviene il borbottio stanco di una vecchia strega che desidera solo che i due fratelli pongano fine ai suoi giorni. . Ma i nostri Hansel e Gretel continuano ad aspettare e non perdono la speranza che li ha inchiodati lì.
La certezza che li spinge ogni giorno a ricominciare la loro folle attesa è disarmante nella sua atrocità: "si deve attendere il tramonto perché solo allora papà tornerà a prenderci, a salvarci e solo allora questa nostra favola potrà avere fine".
9.2.15
 

TRILOGIA DELL'ATTESA - Aspettando Nil

Teatro Vascello 30 Gennaio 2015
TRILOGIA DELL'ATTESA
 regia: Fabiana Iacozzilli
con Elisa Bongiovanni, Giada Parlanti, Simone Barraco, Ramona Nardò, Marta Meneghetti, Francesco Zecca
disegno luci Davood Kheradmand
costume Valeria Bistoni, Cecilia Blixt, Gianmaria Sposito
trucco Erika Turella
effetti speciali Riccardo Morucci
Premio Le voci dell'anima 2007, Ermo Colle 2008, Teatri Abitati 2009, Undergroundzero Festival N.Y. 2010, PlayFestival 2013
Crescere attaccati a chi ci ha generato, stretti nei loro precetti, e ritrovarsi poi non pronti al distacco, incapaci di qualunque decisione.
Questa la condizione in cui vive oggi la nuova generazione dei giovani-adulti che, come gli otto personaggi della trilogia dell'attesa, si ritrova ad essere "orfana", "apolide", "disadattata", "dimenticata"...

"Aspettando Nil"
vincitore di PlayFestival 2013
vincitore di Undergroundzero Festival, N.Y., 2010
vincitore di Ermo Colle 2008
vincitore del festival "Le voci dell'anima" 2007 drammaturgia scenica di gruppo
con: Elisa Bongiovanni e Giada Parlanti
aiuto regia: Marco Canuto, Irene Veri
costumi: Valeria Bistoni
Due vecchie donne decrepite attendono l'arrivo di un uomo. L'uomo arriverà solo nel momento in cui le due donne saranno pronte. Le due donne saranno pronte solo nel momento in cui finiranno di prepararsi. Ma le due donne finiranno di prepararsi? E l'uomo finalmente arriverà?
Intelligente e divertito omaggio a Samuel Beckett, Aspettando Nil è la storia di una giornata come molte altre in cui si continua ad aspettare, in cui "non accade niente" e questo niente si fa rivelatore delle infinite contraddizioni che attanagliano le nostre esistenze.
9.2.15
 

TRILOGIA DELL'ATTESA - Quando saremo GRANDI!

Teatro Vascello 30 Gennaio 2015
 TRILOGIA DELL'ATTESA
regia: Fabiana Iacozzilli
con Elisa Bongiovanni, Giada Parlanti, Simone Barraco, Ramona Nardò, Marta Meneghetti, Francesco Zecca
disegno luci Davood Kheradmand
costume Valeria Bistoni, Cecilia Blixt, Gianmaria Sposito
trucco Erika Turella
effetti speciali Riccardo Morucci
Premio Le voci dell'anima 2007, Ermo Colle 2008, Teatri Abitati 2009, Undergroundzero Festival N.Y. 2010, PlayFestival 2013
Crescere attaccati a chi ci ha generato, stretti nei loro precetti, e ritrovarsi poi non pronti al distacco, incapaci di qualunque decisione.
Questa la condizione in cui vive oggi la nuova generazione dei giovani-adulti che, come gli otto personaggi della trilogia dell'attesa, si ritrova ad essere "orfana", "apolide", "disadattata", "dimenticata"...

"Quando saremo GRANDI!"
finalista al Festival Argot Off 2012
finalista al Premio Scenario 2009
vincitore "Teatri Abitati" 2009
da un'idea di Fabiana Iacozzilli e Linda Dalisi
con: Simone Barraco, Ramona Nardò e Francesco Zecca
regista assistente: Giada Parlanti
assistente: Emanuela Lumare
costumi: Cecilia Blixt
trucco: Erika Turella
La campanella è suonata. Tre piccole sedie al centro della scena. Tre linee che dalle sedute portano a tre attaccapanni. Sugli attaccapanni tre cartelle di scuola. Seduti sulle sedie troviamo tre bambini decrepiti che attendono che la mamma li venga a prendere. La attendono con tutta la loro forza, con la speranza e l'innocenza di bambini sicuri che non potranno mai essere abbandonati da colei che li ama sopra ogni cosa. Tre fratelli che attendono da una vita. È in ritardo? Li ha messi in punizione? O forse più semplicemente li ha dimenticati?
9.2.15
 

L'opera da tre soldi

SIDECAR – sale multimediali d’arti performative 28 Gennaio 2015
L’Opera da Tre Soldi
di Bertold Brecht
con Veronica Milaneschi, Gabriele Sisci, Francesca Romana Scartozzi, Michele Bevilacqua, Michele Brotugno, Claudia D’Amico, Mariangela Imbrenda, Max Caprara
musiche Carmine Ioanna Scene Chiara Paramatti
regia Massimiliano Caprara
Brecht è il meno assimilabile degli autori occidentali degli ultimi cento anni. il suo carattere anti borghese, anti militaresco il suo fraternizzare continuo con qualunque causa si ponesse contro l’idea di potere, ne fanno un personaggio evitato pur se teatralmente inevitabile ( ed anche non banalizabile, direi). Meglio quindi evitarlo: da qui le poche messe in scena , (spesso comunque riletture) di testi come, appunto, l’opera da tre soldi , rifacimento di un’opera di due secoli esatti anteriore e già a suo tempo decisamente polemica, the Beggar’s Opera di John Gay, che nelle mani di Brecht diventa un manifesto anti sistema ante litteram, in cui si afferma che il potere in quanto espressione del governo borghese e capitalista è sempre una espressione criminale e ha bisogno di strutturarsi attorno all’illegalità se non direttamente alla malavita. Con questo assunto e battute come “cos’è la rapina di una banca in confronto alla sua fondazione...?!” è ben superfluo sottolineare l’inscalfibile attualità di questo testo e l’ intatta prorompenza del suo autore._]
9.2.15
 

Il sogno di Freud

Teatro Antigone 23 gennaio 2015
 IL SOGNO DI FREUD
Scritto, diretto ed interpretato da Fulvio Maura e Tiziano Storti
Siamo nella Vienna del 1938, occupata dai Nazisti. Il dottor Freud viene incalzato dai controlli tedeschi, sempre più ravvicinati e pressanti. Precisamente ci troviamo in Bergasse 19, in quello che per quasi mezzo secolo è stato lo studio del fondatore della psicanalisi. Studio che, di lì a poco, Freud sarà costretto a lasciare. E’ una sera di sofferenza e di attesa per lo psicanalista viennese: la figlia Anna si trova negli uffici della Gestapo per essere interrogata.
Ed è in questa cornice, storica e personale, che avviene il dialogo senza tempo, tra un uomo che tenta con la sua mente di sondare gli abissi umani senza mai ricorrere al trascendente, Freud appunto, e un “misterioso visitatore” che sembra incarnare le ragioni della passione per dare un senso al mistero di cui è fatta la vita umana.
La vita di Freud diventa il punto di vista da cui partire per affrontare temi universali, si parte dal particolare di una singola esperienza per arrivare all'assoluto dell'esistenza.
Questo dialogo così schietto, così intellettualmente vivo metterà a dura prova le certezze di una delle menti più geniali della storia. Il sogno di Freud: quando la Storia e le vicissitudini personali di un uomo si incrociano, aprendo uno squarcio su un viaggio che appartiene a tutti, un viaggio che mette a nudo mente e cuore.
2.2.15
 

Uscita di emergenza

Teatro della Cometa 22 gennaio 2015
 USCITA DI EMERGENZA
di Manlio Santanelli
regia Enrico Maria Lamanna
Con Vittorio Viviani, Gino Auriuso
Due vite si incontrano e scontrano, in bilico fra precarietà, ricordi, sospetti: due amici/nemici rinchiusi nella loro casa pericolante, in una Napoli asfissiata dal bradisismo, dove i colori del mare e del sole sono soffocati dal grigiore delle mura domestiche. È la storia di Pacebbene e Cirillo, i due protagonisti della commedia che indaga nell'animo umano, sempre con la grazia e l'ironia spesso amara.
2.2.15
 

Shylock

Teatro del Lido di Ostia 27 Gennaio 2015
SHYLOCK
di Gareth Armstrong
traduzione e adattamento Francesca Montanino
regia e con Mauro Parrinello
voce off Federico Giani
scene e costumi Chiara Piccardo
disegno luci Paolo Meglio
segretaria di produzione Patrizia Farina
con il sostegno di Fabbrica delle Candele (Forlì), Spazio47 (Aprilia)
un ringraziamento speciale a Luca Valentino
Il coltello affilato, gli occhi iniettati di sangue, il naso adunco e una parrucca rossiccia che gli da un aspetto diabolico. Oppure, una semplice tunica nera e un portamento nobile ed elegante. Nel primo caso, il ‘villain’ rivendica la sua libbra di carne suscitando le risa e lo scherno del pubblico, nel secondo la sua pietà. Comunque sia, si tratta sempre di uno dei personaggi immortali partoriti dal genio di Shakespeare: Shylock. Ma chi era veramente l’ebreo del Mercante di Venezia? Un uomo solo, senza amici, un padre abbandonato e pieno di rabbia. Un personaggio controverso, capace di dividere la storia, che in alcuni casi ne ha fatto un baluardo dell’antisemitismo, mentre in altri l’esempio prediletto per vivaci discussioni sulla questione ebraica. Come è possibile, dopo tanto parlare, rappresentare, riscrivere e riadattare questa icona del teatro, confrontarsi ancora con Shylock? Nel suo monologo del 1998 – straordinario successo di pubblico a Edimburgo, e poi un decennio di repliche in tutto il mondo – Gareth Armstrong opera una scelta semplice e allo stesso tempo esilarante: fare uscire Shylock di scena. A parlare di lui, e non solo di lui, è qualcuno che in pochi ricorderanno: Tubal, quell’ebreo ‘della stessa tribù’ di Shylock a cui Shakespeare dedica nel Mercante non più di otto battute. A lui il compito di ripercorrere la fitta trama del Mercante di Venezia, nel tentativo di riabilitare la figura di Shylock, di rivelare, con incredibile ironia, l’uomo dietro il personaggio, vacillante sotto il peso di un mito troppo grande per lui. Con questo ‘a tu per tu’ con il pubblico, in questo ‘one-man show su Shylock’, Tubal si prende il suo momento di gloria, la sua occasione fin troppo cercata. Un’opportunità per riscrivere la tanto nota storia dal suo punto di vista.
Shylock è uno spettacolo che offre allo spettatore l’opportunità di una visione insolita del Mercante di Venezia. Un punto di vista originale, obliquo, che colloca il racconto ‘fuori’, ‘dietro’, ‘di lato’ a ciò che avviene in scena, moltiplicandone le possibilità di interpretazione. Tra situazioni esilaranti, travestimenti, incursioni e rimandi, Shylock è un Mercante di Venezia come non l’avete mai visto.
2.2.15
 

Sui discorsi

Factory Pelanda · MACRO Testaccio · Roma 20 gennaio 2015
IN MEDIA RES/NEL MEZZO DELLE COSE
un progetto di ANGELO MAI
presenta
sui DISCORSI
master class su regia, scrittura e pratica scenica
a cura di FANNY & ALEXANDER
con Luigi De Angelis e Marco Cavalcoli
Fanny & Alexander sta indagando da alcuni anni, attraverso un lavoro sulla forma discorso, il rapporto tra singolo e comunità, tra individuo e gruppo sociale. Cosa significa pubblico? Cosa è comune? Quand’è che un gruppo raccolto attorno a un individuo può dirsi comunità?
A partire dalle forme primarie tradizionali del discorso pubblico declinato nei suoi vari ambiti sociali, discorso politico, pedagogico, religioso, economico, sindacale, giuridico e militare, e a partire anche dalla ferita di un rapporto ormai quasi interrotto tra singolo e comunità, sei attori (Sonia Bergamasco, Marco Cavalcoli, Fabrizio Gifuni, Lorenzo Gleijeses, Chiara Lagani, Francesca Mazza) coi loro colori bandiera (il senzacolore grigio, il prescrittivo giallo, il celestiale celeste, il femminile rosa, il viola di diritto, il verde denaro e il rosso pericolo) danno diverse provvisorie risposte a queste irte domande.
Dall’autunno 2014 Fanny & Alexander, in vista di un debutto nell’inverno 2015, inizia un’indagine preliminare sul tema dell’economia che confluirà nel Discorso Verde. L’attore Marco Cavalcoli incarnerà la figura di un “mediattore” economico, un fuoriclasse della vendita, della trattativa, dell’utopia liberista, utilizzando tutte le armi possibili dell’avanspettacolo e della retorica finanziaria.
2.2.15
 

Festival dei Nuovi Tragici

Teatro Lo Spazio 21 GENNAIO 2015
 FESTIVAL DEI NUOVI TRAGICI
Monologhi comici scritti e diretti da Pietro de Silva
Disgraziati, sfortunati, al centro di disavventure incredibili: accorate, esilaranti confessioni di personaggi in cerca di conforto nei monologhi scritti e diretti da Pietro de Silva, portati in scena dagli attori che partecipano al Festival nazionale dei Nuovi tragici. Storie ai confini della realtà.
Questa storica rassegna si tenne a Roma dal 1990 al 2003 e i monologhi furono interpretati da circa ottanta attori, fra i quali ricordiamo Enrico Brignano, Flavio Insinna, Neri Marcorè, Valerio Aprea, Massimiliano Bruno, Paola Cortellesi, Francesco Pannofino, Paola Minaccioni ecc Gli attori e i rispettivi monologhi, che si alterneranno sul palco (cinque per sera) in questa rinnovata edizione saranno:
Luca Attadia "La gita "
Margherita Frisone "Ho visto la madonna"
Francesca Paolozzi "L’alibi"
Ylenia Assogna Pilo "Maga"
Jacopo Zonca "Dio c'è"
Filippo Paglino "383838"
Marco Patania "Ritorno al 1890" Alessio D’amico "Ballerino inutile"
Francesco Paolo Albamonte "Stimmate"
Chiara Ricchizzi "Io sono maria (perdente) "
2.2.15
 

Madame Misère

Teatro Studio Uno 23 gennaio 2015
 Madame Misère
spettacolo scritto e interpretato da Maria Luisa Usai e Irene Maiorino.
Madame Misère è una drammaturgia originale che si in inserisce nel più ampio progetto "Dittico su una povertà da fiaba" indagine di scrittura e messa in scena che vuole approfondire la tematica della miseria umana, artistica e materiale.
Una mendicante e una prostituta si incontrano su una strada desolata. Yasmina cerca l'oro nel Tevere, Mezzanotte cerca l'amore sulla Casilina. Impegnate ognuna nella propria attività, improvvisamente si scoprono costrette a condividere lo stesso spazio. In una Roma indefinita e accecante, le due donne, dopo un primo scrutarsi e conoscersi in un duello da marciapiede, decidono di farsi compagnia a vicenda e di intraprendere un viaggio che le porterà lontano. Forse. Attese interminabili, tentennamenti, false partenze e acceleramenti per giungere infine alla meta, dove avrà luogo il primo tuffo in un mare sconosciuto. Quello che nella vita è un breve tragitto, diventa in teatro un percorso metaforico che porta dalla solitudine alla condivisione, dal rumore del traffico alla calma dal mare, alla scoperta del nuovo e inesplorato.
2.2.15
 
 
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