Teatro Colosseo 3/5/1998 "L'anello d'Erode" di Lucilla Lupaioli, da un'idea di Furio Andreotti che firma anche la regia. Una donna, per raccontare storie di "marchette" eterosessuali e dei loro clienti gay, consumate negli squallidi gabinetti di uno stabilimento balneare sul litorale romano, fuori stagione. Storie di prostituzione, di violenza, d'amore, di morte di un gruppo di giovani dai nomi evangelici Pietro (Claudio Santamaria), Simone (Giordano De Piano), Giovanni (Massimo De Santis), Tommaso (Alessandro Carvaruso), Matteo (Massimiliano Violante) e Erode (Alberto Alemanno), il re dei "marchetta", il maestro e l'idolo di chi si accosta al mestiere, uno che si e' fatto la villa al mare, l'appartamento in citta' e l'automobile veloce. Centro di questa vicenda che procede con taglio cinematografico per sequenze, e' l'amore che nasce tra Pietro, ragazzo di borgata da poco iniziato al mestiere, e lo studente omosessuale Giovanni, un essere tormentato, alla ricerca dell'amore. Fra gli incontri che si susseguono a ritmo incalzante, tra amplessi consumati furtivamente, c'e' chi cerca sentimenti e cade sempre in rapporti impossibili, come Matteo; chi cerca la propria identità sessuale, chi si accontenta semplicemente di sopravvivere, e chi, ancora, sogna di vivere alla grande. L'amore ostinato di Giovanni scompaginerà  quel microcosmo giovane e composito e la storia volgerà alla tragedia. Scritto con un linguaggio crudo nel quale predomina il romanesco, e punteggiato qua e là  da incongruenti squarci di lirismo e accenti melodrammatici, il testo, pur non avendo la forza espressiva di un Koltes o la violenza immaginifica di Fassbinder, offre, senza compiacimenti, un interessante spaccato di una realtà  dura e tormentata. Buona e convincente la prova di tutti gli attori guidati da una sobria regia. A una replica, teatro esaurito e lunghi applausi scroscianti.
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