Teatro Valle Occupato 12 Gennaio 2012 "U TINGIUTU - Un Aiace di Calabria" ideazione, testo e regia Dario De Luca, con Dario De Luca, Rosario Mastrota, Ernesto Orrico, Fabio Pellicori, Marco Silani, musiche originali Gianfranco De Franco, Gennaro "Mandara" de Rosa, assistenza alla regia Isabella Di Rosa, scene, costumi e oggetti di scena Rita Zangari, pupazzi Aldo Zucco, direzione tecnica e audio Gennaro Dolce, luci Gaetano Bonofiglio, organizzazione Settimio Pisano, in collaborazione con Calabria Palcoscenico - Regione Calabria.Un clan dell'Onorata Società  calabrese, alla morte del boss Achille, giudica Ulisse e non Aiace l'affiliato più valoroso e gli attribuisce il potere del capobastone morto. Aiace, offeso nel suo onore, progetta di sterminare i suoi giudici e di torturare il rivale. Durante la tortura Aiace dà  sfogo alla propria rabbia e al proprio dolore; sa che da quel momento in poi è diventato nu tingiutu, per gli uomini della cosca uno tinto col carbone,designato a morire, condannato per lo "sgarro" fatto. Per tutti, anche per se stesso, è un cadavere che cammina. In una agenzia di pompe funebri, quartier generale della cosca e funesto scenario di soprusi e gerarchie crudeli, si svolge tutta l'azione. Ho provato a raccontare la mia Mala Calabria usando gli eroi greci. La tragedia antica mi ha offerto la "vista" per spiegare e interpretare facce, affari, ambizioni,destini e pance di questi malacarne che hanno trovato fortuna e identità  nell'altra legge. Senza redimerli naturalmente, ma portando anche alla luce come un certo retroterra possa indirizzare delle scelte non lecite. Perché la maledizione in Calabria si chiama "contiguità". Quella cosa terribile che costringe onesti e disonesti, mafiosi e non mafiosi a vivere fianco a fianco, a respirare la stessa aria, a frequentare gli stessi luoghi. E questa ignara mancanza di libero arbitrio pone drammaticamente l'attenzione sull'importanza di una educazione anti mafiosa. Vivendo in questa terra dalle mille contraddizioni, questi dubbi, personali, enormi, sconvenienti, tengono viva la riflessione sul nostro operato quotidiano. Naturalmente mi sono interrogato sulla lingua da usare in una tragedia oggi, e sono arrivato ad un linguaggio, una parlata viva, misteriosa e dialettale. Una parlata fatta di allusioni, di espressioni gergali, di detto e non detto, di segni e occhiate che inaspettatamente, i miei attori ed io, ci siamo ritrovati dentro di noi. Forse per quella solita, maledetta “contiguitàâ€?.Testo finalista al Premio Riccione per il Teatro 2009 Premio Landieri 2011 “Migliore Attoreâ€? a Dario De Luca, Spettacolo finalista al Premio Landieri 2011
Teatro Valle Occupato 12 Gennaio 2012 "U TINGIUTU - Un Aiace di Calabria" ideazione, testo e regia Dario De Luca, con Dario De Luca, Rosario Mastrota, Ernesto Orrico, Fabio Pellicori, Marco Silani, musiche originali Gianfranco De Franco, Gennaro "Mandara" de Rosa, assistenza alla regia Isabella Di Rosa, scene, costumi e oggetti di scena Rita Zangari, pupazzi Aldo Zucco, direzione tecnica e audio Gennaro Dolce, luci Gaetano Bonofiglio, organizzazione Settimio Pisano, in collaborazione con Calabria Palcoscenico - Regione Calabria.Un clan dell'Onorata Società  calabrese, alla morte del boss Achille, giudica Ulisse e non Aiace l'affiliato più valoroso e gli attribuisce il potere del capobastone morto. Aiace, offeso nel suo onore, progetta di sterminare i suoi giudici e di torturare il rivale. Durante la tortura Aiace dà  sfogo alla propria rabbia e al proprio dolore; sa che da quel momento in poi è diventato nu tingiutu, per gli uomini della cosca uno tinto col carbone,designato a morire, condannato per lo "sgarro" fatto. Per tutti, anche per se stesso, è un cadavere che cammina. In una agenzia di pompe funebri, quartier generale della cosca e funesto scenario di soprusi e gerarchie crudeli, si svolge tutta l'azione. Ho provato a raccontare la mia Mala Calabria usando gli eroi greci. La tragedia antica mi ha offerto la "vista" per spiegare e interpretare facce, affari, ambizioni,destini e pance di questi malacarne che hanno trovato fortuna e identità  nell'altra legge. Senza redimerli naturalmente, ma portando anche alla luce come un certo retroterra possa indirizzare delle scelte non lecite. Perché la maledizione in Calabria si chiama "contiguità". Quella cosa terribile che costringe onesti e disonesti, mafiosi e non mafiosi a vivere fianco a fianco, a respirare la stessa aria, a frequentare gli stessi luoghi. E questa ignara mancanza di libero arbitrio pone drammaticamente l'attenzione sull'importanza di una educazione anti mafiosa. Vivendo in questa terra dalle mille contraddizioni, questi dubbi, personali, enormi, sconvenienti, tengono viva la riflessione sul nostro operato quotidiano. Naturalmente mi sono interrogato sulla lingua da usare in una tragedia oggi, e sono arrivato ad un linguaggio, una parlata viva, misteriosa e dialettale. Una parlata fatta di allusioni, di espressioni gergali, di detto e non detto, di segni e occhiate che inaspettatamente, i miei attori ed io, ci siamo ritrovati dentro di noi. Forse per quella solita, maledetta “contiguitàâ€?.Testo finalista al Premio Riccione per il Teatro 2009 Premio Landieri 2011 “Migliore Attoreâ€? a Dario De Luca, Spettacolo finalista al Premio Landieri 2011
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