Teatro Remondini Bassano del Grappa 30 Agosto 2014
ZOMBITUDINE
testo, regia, interpretazione Elvira Frosini e Daniele Timpano
scene e costumi Alessandra Muschella
ideazione e realizzazione tecnica luci Marco Fumarola e Daniele Passeri
aiuto regia Francesca Blancato
organizzazione e promozione Daniela Ferrante
ideazione e regia teaser video Emiliano Martina
progetto Grafico Antonello Santarelli
disegni Valentina Pastorino
Lo zombie è il vecchio che non muore e il nuovo che non c’è. Lo Zombi è l’impossibilità della morte e dunque della resurrezione. Lo zombi è un morto che cammina e non sa dove va. “Come noi, noi siamo gli zombi”! Questo il punto di partenza di uno spettacolo scombinato, fuori dagli schemi, sospeso tra l’analisi della realtà e un iperrealismo che cerca di rendere credibile anche l’incredibile. Un uomo e una donna sono rifugiati in un teatro insieme al pubblico. In questo spazio di illusoria salvezza e resistenza attendono un evento apocalittico, l’arrivo di qualcuno, di qualcosa: il ritorno dei morti? la fine del mondo? la nostra morte individuale? un nuovo inizio? un cambiamento? una rivoluzione? la definitiva delusione? Non si sa se bello o brutto, ma un evento sta arrivando. O forse arrivano gli Zombi. Zombitudine non è uno spettacolo horror, semmai uno spettacolo sull’orrore di questo nostro tempo, su questa condizione di semi-vita che ci sentiamo addosso. La Zombitudine, appunto. Gli Zombi siamo noi. La Zombitudine è la nostra condizione quotidiana. Stretti tra l’emergenza di un evento imminente e devastante e una quotidianità claustrofobica in cui la vita da assediati è divenuta normalità, si fa fatica a focalizzare il pericolo o la salvezza. Quella dello Zombi è l’immagine palingenetica della nostra fine ma anche un’immagine di speranza, l’unica prospettiva di rinascita, l’unica forma di vita alternativa a tutta questa economia, questo mercato, questo dominio di banche, finanza e multinazionali. L’unico Risorgimento possibile per il nostro paese e per i suoi abitanti è un Risorgimento Zombi. Zombi di tutto il mondo unitevi!
[...] I due ultimi uomini sopravvissuti all’ecatombe si sono rifugiati, assieme ad un manipolo, non scelto ma totalmente casuale di persone, dentro un teatro. Fuori avviene l’apocalisse, l’ultima notte sulla terra. Non aprite quella porta. Da fuori premono, Romero docet, per entrare e mangiarsi l’ultima carne tremula e fresca. La cultura, il teatro, la parola, la lettura, i classici li salveranno? Illusi. [...] Siamo morti? L’Italia è morta? Gli italiani sono morti? Gli europei sono morti? La Grecia antica è morta? Il teatro è morto? La sopravvivenza è soltanto un punto di vista. Siamo vivi ma siamo morti al tempo stesso. Se la Frosini è la Sposa Cadavere di Tim Burton in movenze da Charlie’s Angel, Timpano è più vicino ad un fumetto, tipo l’amico di Scooby Doo oppure somiglia ad Indiana Jones, cercatore e scopritore dall’interno del morbo-virus che tutto e tutti attanaglia, questa morte prima della morte, con basette alla Elvis muovendosi impomatato come una parodia di 007. Urlano “Prendete posizione”, e sembrano Steve Jobs che ululava di essere arrabbiati e folli. Ah, chi lo è più? Siamo vecchi, siamo marci. La Resistenza di “Bella Ciao” che risuona ha perduto la sua battaglia, stanno arrivando, hanno occupato tutti i posti di potere. Il futuro è una parola vuota, senza significato. Anche se Timpano è il nostro Woody Allen. Che diceva infatti: ‘Si vive una sola volta. E qualcuno neppure una’. E anche: ‘Morire è una delle poche cose che si possono facilmente fare stando sdraiati’. Oppure: ‘Non mi interessa l’immortalità attraverso l’arte: io non voglio morire’. Infine: “‘on credo in una vita ultraterrena. Comunque porto sempre con me la biancheria di ricambio”.
Tommaso Chimenti – Rumor(s)cena
produzione / amnesiA vivacE, Kataklisma
coproduzione / Teatro della Tosse di Genova, Fuori Luogo – La Spezia, Teatro dell’Orologio – Roma
ZOMBITUDINE è nato in collaborazione con Teatro di Roma nell’ambito del progetto “Perdutamente”
Teatro Remondini Bassano del Grappa 30 Agosto 2014ZOMBITUDINE
testo, regia, interpretazione Elvira Frosini e Daniele Timpano
scene e costumi Alessandra Muschella
ideazione e realizzazione tecnica luci Marco Fumarola e Daniele Passeri
aiuto regia Francesca Blancato
organizzazione e promozione Daniela Ferrante
ideazione e regia teaser video Emiliano Martina
progetto Grafico Antonello Santarelli
disegni Valentina Pastorino
Lo zombie è il vecchio che non muore e il nuovo che non c’è. Lo Zombi è l’impossibilità della morte e dunque della resurrezione. Lo zombi è un morto che cammina e non sa dove va. “Come noi, noi siamo gli zombi”! Questo il punto di partenza di uno spettacolo scombinato, fuori dagli schemi, sospeso tra l’analisi della realtà e un iperrealismo che cerca di rendere credibile anche l’incredibile. Un uomo e una donna sono rifugiati in un teatro insieme al pubblico. In questo spazio di illusoria salvezza e resistenza attendono un evento apocalittico, l’arrivo di qualcuno, di qualcosa: il ritorno dei morti? la fine del mondo? la nostra morte individuale? un nuovo inizio? un cambiamento? una rivoluzione? la definitiva delusione? Non si sa se bello o brutto, ma un evento sta arrivando. O forse arrivano gli Zombi. Zombitudine non è uno spettacolo horror, semmai uno spettacolo sull’orrore di questo nostro tempo, su questa condizione di semi-vita che ci sentiamo addosso. La Zombitudine, appunto. Gli Zombi siamo noi. La Zombitudine è la nostra condizione quotidiana. Stretti tra l’emergenza di un evento imminente e devastante e una quotidianità claustrofobica in cui la vita da assediati è divenuta normalità, si fa fatica a focalizzare il pericolo o la salvezza. Quella dello Zombi è l’immagine palingenetica della nostra fine ma anche un’immagine di speranza, l’unica prospettiva di rinascita, l’unica forma di vita alternativa a tutta questa economia, questo mercato, questo dominio di banche, finanza e multinazionali. L’unico Risorgimento possibile per il nostro paese e per i suoi abitanti è un Risorgimento Zombi. Zombi di tutto il mondo unitevi!
[...] I due ultimi uomini sopravvissuti all’ecatombe si sono rifugiati, assieme ad un manipolo, non scelto ma totalmente casuale di persone, dentro un teatro. Fuori avviene l’apocalisse, l’ultima notte sulla terra. Non aprite quella porta. Da fuori premono, Romero docet, per entrare e mangiarsi l’ultima carne tremula e fresca. La cultura, il teatro, la parola, la lettura, i classici li salveranno? Illusi. [...] Siamo morti? L’Italia è morta? Gli italiani sono morti? Gli europei sono morti? La Grecia antica è morta? Il teatro è morto? La sopravvivenza è soltanto un punto di vista. Siamo vivi ma siamo morti al tempo stesso. Se la Frosini è la Sposa Cadavere di Tim Burton in movenze da Charlie’s Angel, Timpano è più vicino ad un fumetto, tipo l’amico di Scooby Doo oppure somiglia ad Indiana Jones, cercatore e scopritore dall’interno del morbo-virus che tutto e tutti attanaglia, questa morte prima della morte, con basette alla Elvis muovendosi impomatato come una parodia di 007. Urlano “Prendete posizione”, e sembrano Steve Jobs che ululava di essere arrabbiati e folli. Ah, chi lo è più? Siamo vecchi, siamo marci. La Resistenza di “Bella Ciao” che risuona ha perduto la sua battaglia, stanno arrivando, hanno occupato tutti i posti di potere. Il futuro è una parola vuota, senza significato. Anche se Timpano è il nostro Woody Allen. Che diceva infatti: ‘Si vive una sola volta. E qualcuno neppure una’. E anche: ‘Morire è una delle poche cose che si possono facilmente fare stando sdraiati’. Oppure: ‘Non mi interessa l’immortalità attraverso l’arte: io non voglio morire’. Infine: “‘on credo in una vita ultraterrena. Comunque porto sempre con me la biancheria di ricambio”.
Tommaso Chimenti – Rumor(s)cena
produzione / amnesiA vivacE, Kataklisma
coproduzione / Teatro della Tosse di Genova, Fuori Luogo – La Spezia, Teatro dell’Orologio – Roma
ZOMBITUDINE è nato in collaborazione con Teatro di Roma nell’ambito del progetto “Perdutamente”
ZOMBITUDINE
testo, regia, interpretazione Elvira Frosini e Daniele Timpano
scene e costumi Alessandra Muschella
ideazione e realizzazione tecnica luci Marco Fumarola e Daniele Passeri
aiuto regia Francesca Blancato
organizzazione e promozione Daniela Ferrante
ideazione e regia teaser video Emiliano Martina
progetto Grafico Antonello Santarelli
disegni Valentina Pastorino
Lo zombie è il vecchio che non muore e il nuovo che non c’è. Lo Zombi è l’impossibilità della morte e dunque della resurrezione. Lo zombi è un morto che cammina e non sa dove va. “Come noi, noi siamo gli zombi”! Questo il punto di partenza di uno spettacolo scombinato, fuori dagli schemi, sospeso tra l’analisi della realtà e un iperrealismo che cerca di rendere credibile anche l’incredibile. Un uomo e una donna sono rifugiati in un teatro insieme al pubblico. In questo spazio di illusoria salvezza e resistenza attendono un evento apocalittico, l’arrivo di qualcuno, di qualcosa: il ritorno dei morti? la fine del mondo? la nostra morte individuale? un nuovo inizio? un cambiamento? una rivoluzione? la definitiva delusione? Non si sa se bello o brutto, ma un evento sta arrivando. O forse arrivano gli Zombi. Zombitudine non è uno spettacolo horror, semmai uno spettacolo sull’orrore di questo nostro tempo, su questa condizione di semi-vita che ci sentiamo addosso. La Zombitudine, appunto. Gli Zombi siamo noi. La Zombitudine è la nostra condizione quotidiana. Stretti tra l’emergenza di un evento imminente e devastante e una quotidianità claustrofobica in cui la vita da assediati è divenuta normalità, si fa fatica a focalizzare il pericolo o la salvezza. Quella dello Zombi è l’immagine palingenetica della nostra fine ma anche un’immagine di speranza, l’unica prospettiva di rinascita, l’unica forma di vita alternativa a tutta questa economia, questo mercato, questo dominio di banche, finanza e multinazionali. L’unico Risorgimento possibile per il nostro paese e per i suoi abitanti è un Risorgimento Zombi. Zombi di tutto il mondo unitevi!
[...] I due ultimi uomini sopravvissuti all’ecatombe si sono rifugiati, assieme ad un manipolo, non scelto ma totalmente casuale di persone, dentro un teatro. Fuori avviene l’apocalisse, l’ultima notte sulla terra. Non aprite quella porta. Da fuori premono, Romero docet, per entrare e mangiarsi l’ultima carne tremula e fresca. La cultura, il teatro, la parola, la lettura, i classici li salveranno? Illusi. [...] Siamo morti? L’Italia è morta? Gli italiani sono morti? Gli europei sono morti? La Grecia antica è morta? Il teatro è morto? La sopravvivenza è soltanto un punto di vista. Siamo vivi ma siamo morti al tempo stesso. Se la Frosini è la Sposa Cadavere di Tim Burton in movenze da Charlie’s Angel, Timpano è più vicino ad un fumetto, tipo l’amico di Scooby Doo oppure somiglia ad Indiana Jones, cercatore e scopritore dall’interno del morbo-virus che tutto e tutti attanaglia, questa morte prima della morte, con basette alla Elvis muovendosi impomatato come una parodia di 007. Urlano “Prendete posizione”, e sembrano Steve Jobs che ululava di essere arrabbiati e folli. Ah, chi lo è più? Siamo vecchi, siamo marci. La Resistenza di “Bella Ciao” che risuona ha perduto la sua battaglia, stanno arrivando, hanno occupato tutti i posti di potere. Il futuro è una parola vuota, senza significato. Anche se Timpano è il nostro Woody Allen. Che diceva infatti: ‘Si vive una sola volta. E qualcuno neppure una’. E anche: ‘Morire è una delle poche cose che si possono facilmente fare stando sdraiati’. Oppure: ‘Non mi interessa l’immortalità attraverso l’arte: io non voglio morire’. Infine: “‘on credo in una vita ultraterrena. Comunque porto sempre con me la biancheria di ricambio”.
Tommaso Chimenti – Rumor(s)cena
produzione / amnesiA vivacE, Kataklisma
coproduzione / Teatro della Tosse di Genova, Fuori Luogo – La Spezia, Teatro dell’Orologio – Roma
ZOMBITUDINE è nato in collaborazione con Teatro di Roma nell’ambito del progetto “Perdutamente”
Posta un commento