Colosseo Nuovo Teatro 3/11/2007 "I GIORNI DI ANTONIO" di Dario D'Ambrosi, con Celeste Moratti, Dario D'Ambrosi, Giulia Mombelli, Lorenzo Alessandri. Si definisce 'patologico', ma non è un caso senza speranza. Il 'teatro patologico' di Dario D'Ambrosi, cui il Nuovo Colosseo di Roma ha dedicato un festival dal titolo 'Illusioni, Sogni e Speranze', partì negli Anni Ottanta da un'esperienza singolare. Dario, nato nel 1962 a San Giuliano Milanese da genitori salernitani, si fece ricoverare nell'Ospedale psichiatrico Paolo Pini di Milano per entrare in contatto diretto con il disagio mentale. Da qui ha preso le mosse lo stare in palcoscenico di questo attore 'massiccio' (aggettivo che ne descrive bene forma e sostanza) che racconta con un linguaggio scenico fortemente determinato dal gesto e dalla pantomima storie di emarginazione sovente estrapolate dalla cronaca. E' il caso de I giorni di Antonio, seconda parte di una trilogia che comprendeva anche Angelina e Volare. Siamo agli inizi del Novecento. Antonio nasce in una famiglia di contadini di Veredo, nella provincia milanese. Ha un grave handicap: una gamba che termina al ginocchio, che per i genitori è motivo di grande vergogna, e che rende Antonio inutilizzabile nel lavoro dei campi. Il bimbo viene quindi rinchiuso in un pollaio. Qui spende le sue giornate in compagnia delle galline, dalle quali impara a muoversi, spulciarsi, emettere suoni. Ogni tanto incontra sua madre, che va a raccontargli quello che succede in casa nei pochi minuti che trascorre nell'aia per stendere il bucato, a simboleggiare l'ignoranza gretta e fastidiosa di chi non vede o non vuol vedere. Gli anni passano, Antonio cresce e inizia ad identificarsi con il re del pollaio. Ogni mattina il suo chicchirichì diventa più potente. La storia acquista una visibilità  mediatica quando il ragazzo viene rinchiuso in un manicomio perchè trovato in compagnia di una prostituta (si scoprirà  poi che è stata la donna ad approfittarsi di lui). Entriamo in contatto con Antonio al suo arrivo in ospedale. Il sipario si alza mentre quello che diventerà  il suo compagno di cella (Giacomo, interpretato da D'Ambrosi con la 'solita', incredibile capacità  di legare ironia e follia) è nel bel mezzo di una crisi: ha disturbi ossessivi compulsivi legati all'olfatto e alla pulizia, ma è ben consapevole della violenza che gli viene inflitta quotidianamente nel luogo in cui è recluso. Un pò finge di fare buon viso a cattivo gioco, un pò è terrorizzato dall'alternativa al manicomio. Antonio (ruolo complicatissimo che Celeste Moratti - collaboratrice storica di D'Ambrosi oltre che figlia primogenita del patron dell'Inter - interpreta magnificamente) ha diciotto anni e vive come ha imparato, ossia come un animale. Niente può scatenare l'ossessione di Giacomo più della puzza di pollaio che il ragazzo si porta addosso. Imparando a conoscersi i due instaurano un rapporto di mutuo soccorso. Nel frattempo, attraverso la costruzione di questo fragilissimo ed esplosivo rapporto, lo spettatore entra nelle pieghe più agghiaccianti delle dinamiche manicomiali. Aggirando pietismi e retorica con umorismo e delicatezza, I giorni di Antonio traccia il percorso di un essere umano alla scoperta della propria identità. Un tragitto che deve concludersi esattamente nel punto in cui le due vite di uno stesso essere umano si incontrano in una, generando un corto circuito fatale tra l'io che percepiamo noi e quello che la realtà  ci rimanda indietro in uno specchio deformato.Alcune notizie su Dario D'Ambrosi: il talento di Dario è stato riconosciuto in America prima che in Italia. E' una celebrità  al Cafè La Mama di New York, storico santuario dell'off-Broadway di Ellen Stewart dove si esibisce dagli anni Ottanta (partì alla volta della Grande Mela mettendo nella valigia la camicia di forza utilizzata nelle prime prove milanesi). In Italia è conosciuto ormai da qualche anno, pur non lavorando nei circuiti cosiddetti istituzionali. Sarà  utile a molti
Colosseo Nuovo Teatro 3/11/2007 "I GIORNI DI ANTONIO" di Dario D'Ambrosi, con Celeste Moratti, Dario D'Ambrosi, Giulia Mombelli, Lorenzo Alessandri. Si definisce 'patologico', ma non è un caso senza speranza. Il 'teatro patologico' di Dario D'Ambrosi, cui il Nuovo Colosseo di Roma ha dedicato un festival dal titolo 'Illusioni, Sogni e Speranze', partì negli Anni Ottanta da un'esperienza singolare. Dario, nato nel 1962 a San Giuliano Milanese da genitori salernitani, si fece ricoverare nell'Ospedale psichiatrico Paolo Pini di Milano per entrare in contatto diretto con il disagio mentale. Da qui ha preso le mosse lo stare in palcoscenico di questo attore 'massiccio' (aggettivo che ne descrive bene forma e sostanza) che racconta con un linguaggio scenico fortemente determinato dal gesto e dalla pantomima storie di emarginazione sovente estrapolate dalla cronaca. E' il caso de I giorni di Antonio, seconda parte di una trilogia che comprendeva anche Angelina e Volare. Siamo agli inizi del Novecento. Antonio nasce in una famiglia di contadini di Veredo, nella provincia milanese. Ha un grave handicap: una gamba che termina al ginocchio, che per i genitori è motivo di grande vergogna, e che rende Antonio inutilizzabile nel lavoro dei campi. Il bimbo viene quindi rinchiuso in un pollaio. Qui spende le sue giornate in compagnia delle galline, dalle quali impara a muoversi, spulciarsi, emettere suoni. Ogni tanto incontra sua madre, che va a raccontargli quello che succede in casa nei pochi minuti che trascorre nell'aia per stendere il bucato, a simboleggiare l'ignoranza gretta e fastidiosa di chi non vede o non vuol vedere. Gli anni passano, Antonio cresce e inizia ad identificarsi con il re del pollaio. Ogni mattina il suo chicchirichì diventa più potente. La storia acquista una visibilità  mediatica quando il ragazzo viene rinchiuso in un manicomio perchè trovato in compagnia di una prostituta (si scoprirà  poi che è stata la donna ad approfittarsi di lui). Entriamo in contatto con Antonio al suo arrivo in ospedale. Il sipario si alza mentre quello che diventerà  il suo compagno di cella (Giacomo, interpretato da D'Ambrosi con la 'solita', incredibile capacità  di legare ironia e follia) è nel bel mezzo di una crisi: ha disturbi ossessivi compulsivi legati all'olfatto e alla pulizia, ma è ben consapevole della violenza che gli viene inflitta quotidianamente nel luogo in cui è recluso. Un pò finge di fare buon viso a cattivo gioco, un pò è terrorizzato dall'alternativa al manicomio. Antonio (ruolo complicatissimo che Celeste Moratti - collaboratrice storica di D'Ambrosi oltre che figlia primogenita del patron dell'Inter - interpreta magnificamente) ha diciotto anni e vive come ha imparato, ossia come un animale. Niente può scatenare l'ossessione di Giacomo più della puzza di pollaio che il ragazzo si porta addosso. Imparando a conoscersi i due instaurano un rapporto di mutuo soccorso. Nel frattempo, attraverso la costruzione di questo fragilissimo ed esplosivo rapporto, lo spettatore entra nelle pieghe più agghiaccianti delle dinamiche manicomiali. Aggirando pietismi e retorica con umorismo e delicatezza, I giorni di Antonio traccia il percorso di un essere umano alla scoperta della propria identità. Un tragitto che deve concludersi esattamente nel punto in cui le due vite di uno stesso essere umano si incontrano in una, generando un corto circuito fatale tra l'io che percepiamo noi e quello che la realtà  ci rimanda indietro in uno specchio deformato.Alcune notizie su Dario D'Ambrosi: il talento di Dario è stato riconosciuto in America prima che in Italia. E' una celebrità  al Cafè La Mama di New York, storico santuario dell'off-Broadway di Ellen Stewart dove si esibisce dagli anni Ottanta (partì alla volta della Grande Mela mettendo nella valigia la camicia di forza utilizzata nelle prime prove milanesi). In Italia è conosciuto ormai da qualche anno, pur non lavorando nei circuiti cosiddetti istituzionali. Sarà  utile a molti
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