Elogio del disagio - (01/05/14)


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TEATRO GUANELLA MILANO 2010 "ELOGIO DEL DISAGIO" Compagnia Effetto Larsen, progetto e regia Matteo Lanfranchi con Francesca Di Traglia, Matteo Lanfranchi, sound design Roberto Rettura, consulenza sonora Diego Schiavo, luci Toni Zappalà, produzione Danae Festival - Progetto Ares in collaborazione con La Corte Ospitale, Forever Young? - progetto residenziale. Elogio del disagio è un vaudeville scassato, un assurdo varietà  metaforico. Terza e ultima tappa del progetto Dukkha, percorso di ricerca che ha come oggetto la sofferenza e le sue origini. Dukkha è un termine sanscrito pressochè intraducibile che indica l'incapacità  di essere soddisfatto, la frustrazione. La sua struttura è la ruota, che gira alternando il desiderio per ciò che non si ha alla paura di perdere ciò che si è ottenuto. Questa tappa affronta l'ineluttabilità. Due figure si relazionano con uno spazio governato da un sistema di regole scandite da ordini impartiti da una voce fuori campo. Obbedendo, divengono artefici del loro stesso gioco, un assurdo percorso fatto di ripetizioni e didascalie, di gesti meccanici e di tempo che non scorre. Due corpi, molti oggetti e un meccanismo che si disfa nel suo ripetersi, rendendo assurdo e ridicolo il rapporto tra ordini e esecuzioni. Il tema viene affrontato con ironia e leggerezza: d'altronde, come insegna Beckett, principale fonte di ispirazione del lavoro, “niente è più comico dell'infelicitàâ€?. La fine è certa, inevitabile. Forse, in fondo, non così terribile.

TEATRO GUANELLA MILANO 2010 "ELOGIO DEL DISAGIO" Compagnia Effetto Larsen, progetto e regia Matteo Lanfranchi con Francesca Di Traglia, Matteo Lanfranchi, sound design Roberto Rettura, consulenza sonora Diego Schiavo, luci Toni Zappalà, produzione Danae Festival - Progetto Ares in collaborazione con La Corte Ospitale, Forever Young? - progetto residenziale. Elogio del disagio è un vaudeville scassato, un assurdo varietà  metaforico. Terza e ultima tappa del progetto Dukkha, percorso di ricerca che ha come oggetto la sofferenza e le sue origini. Dukkha è un termine sanscrito pressochè intraducibile che indica l'incapacità  di essere soddisfatto, la frustrazione. La sua struttura è la ruota, che gira alternando il desiderio per ciò che non si ha alla paura di perdere ciò che si è ottenuto. Questa tappa affronta l'ineluttabilità. Due figure si relazionano con uno spazio governato da un sistema di regole scandite da ordini impartiti da una voce fuori campo. Obbedendo, divengono artefici del loro stesso gioco, un assurdo percorso fatto di ripetizioni e didascalie, di gesti meccanici e di tempo che non scorre. Due corpi, molti oggetti e un meccanismo che si disfa nel suo ripetersi, rendendo assurdo e ridicolo il rapporto tra ordini e esecuzioni. Il tema viene affrontato con ironia e leggerezza: d'altronde, come insegna Beckett, principale fonte di ispirazione del lavoro, “niente è più comico dell'infelicitàâ€?. La fine è certa, inevitabile. Forse, in fondo, non così terribile.
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