TEATRO STUDIO KEIROS DAL 13 AL 18 DICEMBRE 2011 "CUOREDEBOLE" Di Enoch Marrella. Da un racconto di F. M. Dostoevskij. Con Enoch Marrella e Edoardo Ripani, Scena: Selena Garau, Musica: Angela Bruni, Costumi: Stefania Ponselà, Disegno Luci: Hossein Taheri, Foto di scena: Anna Faragona, Regia e drammaturgia: Enoch Marrella. Non solo il dolore ma la felicità  stessa, in determinate condizioni di debolezza, può risultare ingestibile e addirittura insopportabile.E' questo l'elemento paradossale che mi ha portato a riproporre oggi questa storia. Il Cuore debole è quello di Vassia Sciumkèv mentre Arkadi Ivanovic con il suo 'sguardo quadrato' diventa lo straordinario testimone di questa singolare vicenda. Attraverso il suo punto di vista di uomo semplice possiamo sorridere dei contorti percorsi mentali di Vassia ma per arrivare a comprendere qualcosa di estremamente complesso: l'altro, colui che ci sta di fronte; in questo caso specifico è Vassia, un uomo ossessionato da un idea così svalutata di sè da non riuscire a sentirsi degno della sua stessa felicità  - nemmeno nel momento in cui essa sta per giungere. Questo tema, carissimo alla psicologia moderna, è sviluppato da Dostoevskij in questo racconto breve e si scatena in tutta la sua portata nel momento in cui si traduce in azione drammatica. La Musica e la Scena sono tese a creare un contesto fisico/sonoro di tipo astratto. La vicenda si svolge dentro un quadrato di 2.5X2.5 metri dal quale i due personaggi non escono mai. Una figura geometrica semplice e rassicurante, ma che ripetendosi domina i due malcapitati, influenzando la loro quotidianità  e condizionando le loro strutture mentali; uno spazio/tempo claustrofobico e acusticamente finto con un un'unica via d'uscita di tipo ascensionale, una scala, che porta non si sa dove, unica via di fuga che consente ai due personaggi di trascendere la tautologia in cui sono inseriti. Il quadrato in cui si muovono i due personaggi non è altro che l'espressione del loro quadrato mentale, per cui non solo una prigione, ma un vero e proprio tritacarne. Nessun essere umano, tanto meno un cuoredebole, può resistervi a lungo senza impazzire. D'altra parte però anche la rigidità  del quadrato si spezza venendo a contatto con l'elemento umano, il quale, per quanto incastrato nelle proprie dinamiche, risulta comunque vitale, e genera continuamente proiezioni di sè, delimitazioni ulteriori e necessari prolungamenti. I due personaggi si inseguono vorticosamente in questo spazio astratto, forzandolo e corrompendolo fino a rompere le linee della razionalità  in cui sono inseriti.E' forse la più classica fra tutte le contrapposizioni quella tra il cuore e la mente, ma chi di noi oggi non vive l'angoscia di essere rinchiuso nel proprio quadrato mentale? Pu la complessità di un essere umano essere compresa nella forma rigidamente perfetta di un quadrato?
TEATRO STUDIO KEIROS DAL 13 AL 18 DICEMBRE 2011 "CUOREDEBOLE" Di Enoch Marrella. Da un racconto di F. M. Dostoevskij. Con Enoch Marrella e Edoardo Ripani, Scena: Selena Garau, Musica: Angela Bruni, Costumi: Stefania Ponselà, Disegno Luci: Hossein Taheri, Foto di scena: Anna Faragona, Regia e drammaturgia: Enoch Marrella. Non solo il dolore ma la felicità  stessa, in determinate condizioni di debolezza, può risultare ingestibile e addirittura insopportabile.E' questo l'elemento paradossale che mi ha portato a riproporre oggi questa storia. Il Cuore debole è quello di Vassia Sciumkèv mentre Arkadi Ivanovic con il suo 'sguardo quadrato' diventa lo straordinario testimone di questa singolare vicenda. Attraverso il suo punto di vista di uomo semplice possiamo sorridere dei contorti percorsi mentali di Vassia ma per arrivare a comprendere qualcosa di estremamente complesso: l'altro, colui che ci sta di fronte; in questo caso specifico è Vassia, un uomo ossessionato da un idea così svalutata di sè da non riuscire a sentirsi degno della sua stessa felicità  - nemmeno nel momento in cui essa sta per giungere. Questo tema, carissimo alla psicologia moderna, è sviluppato da Dostoevskij in questo racconto breve e si scatena in tutta la sua portata nel momento in cui si traduce in azione drammatica. La Musica e la Scena sono tese a creare un contesto fisico/sonoro di tipo astratto. La vicenda si svolge dentro un quadrato di 2.5X2.5 metri dal quale i due personaggi non escono mai. Una figura geometrica semplice e rassicurante, ma che ripetendosi domina i due malcapitati, influenzando la loro quotidianità  e condizionando le loro strutture mentali; uno spazio/tempo claustrofobico e acusticamente finto con un un'unica via d'uscita di tipo ascensionale, una scala, che porta non si sa dove, unica via di fuga che consente ai due personaggi di trascendere la tautologia in cui sono inseriti. Il quadrato in cui si muovono i due personaggi non è altro che l'espressione del loro quadrato mentale, per cui non solo una prigione, ma un vero e proprio tritacarne. Nessun essere umano, tanto meno un cuoredebole, può resistervi a lungo senza impazzire. D'altra parte però anche la rigidità  del quadrato si spezza venendo a contatto con l'elemento umano, il quale, per quanto incastrato nelle proprie dinamiche, risulta comunque vitale, e genera continuamente proiezioni di sè, delimitazioni ulteriori e necessari prolungamenti. I due personaggi si inseguono vorticosamente in questo spazio astratto, forzandolo e corrompendolo fino a rompere le linee della razionalità  in cui sono inseriti.E' forse la più classica fra tutte le contrapposizioni quella tra il cuore e la mente, ma chi di noi oggi non vive l'angoscia di essere rinchiuso nel proprio quadrato mentale? Pu la complessità di un essere umano essere compresa nella forma rigidamente perfetta di un quadrato?
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