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Eco



La Pelanda 11 settembre 2013 “Eco” è «un paesaggio in cui convivono diversi dispositivi di percezione», al confine tra la performance e l’installazione, creato dal gruppo di ricerca artistica Opera. Apre squarci sul tema del movimento, del riflesso e della percezione.
Cura della visione e regia: Vincenzo Schino
Performer: Marta Bichisao
Video: Gaetano Liberti
Scenotecnica: Emiliano Austeri
Suono: Federico Ortica
Realizzazione marionetta: Gigi Ottolino
Cura del progetto: Marco Betti
Produzione: Opera e Teatro di Roma Entriamo in un ambiente buio, dal quale emerge uno specchio d’acqua. Sulla superficie, si affaccendano volti videoproiettati. Come se persone accanto a noi si sporgessero oltre il bordo, cosa che noi spettatori non osiamo fare. Ognuno di essi sosta, si contempla e si scopre. Qualcuno, intimidito, sembra non riconoscersi nell’immagine che vede; qualcun altro è orgoglioso di ciò che lo specchio rimanda. Ma che un’immagine è per forza un simulacro ce lo ricorda una goccia d’acqua che, seguendo il suo corso di caduta, increspa la superficie e segna il tempo con il suono dell’impatto.
Mentre i volti continuano ad apparire, si illumina un’altra porzione di ambiente, questa volta in alto. Ciò che vediamo è un corpo stilizzato, primordiale, semplici linee di ferro intrecciate tra loro. L’oggetto, sospeso nell’aria, è attaccato a dei fili e sembra essere mosso dall’alto, come una marionetta. I movimenti si susseguono con ritmo diverso, accompagnati dalla musica. A volte esplodono e sembra che il corpo voglia liberarsi dei fili per nuotare in mare aperto. Quelle che vediamo sono le nostre possibilità di movimento e interazione con lo spazio.
Qualche spettatore si avvicina alla struttura sottostante la marionetta: delle porte accostate circolarmente che delimitano un ambiente interno, visibile attraverso gli spioncini. La descrizione di Eco recitava: «il tempo di sosta e il punto di vista saranno scelti liberamente da ogni visitatore che attraversa lo spazio». Non esiste un unico modo di esperire l’installazione, ogni spettatore è rimandato a se stesso; eppure quella che si forma immediatamente è una micro comunità nella quale ognuno si avvale dei suggerimenti e dei segnali mandati dagli altri.
Guardo anch’io dallo spioncino e vedo delle ombre che sembrano passarmi davanti. Poco dopo, l’ambiente delimitato dalle porte si illumina. Guardo di nuovo dentro: c’è una persona stesa, e ci rendiamo conto che i fili della marionetta sono legati a lei. Dunque il corpo reale e quello artefatto si muovono specularmente, l’uno dipendente dall’altro, l’uno eco, appendice dell’altro. L’interpretazione del rapporto tra i due può essere molteplice, ma indubbiamente sussiste una simbiosi, una ricerca, fino ad arrivare al punto in cui la mano di carne ed ossa e quella di ferro si sfiorano.
La struttura delle porte e la marionetta piombano nel buio. La luce ora è di nuovo sullo specchio d’acqua, dove però non appaiono più i volti, ma il fondale di sabbia. Forse ora sarebbe il turno dello spettatore di sporgersi oltre il bordo, ma la performance è finita, e uno dopo l’altro usciamo dalla stanza.
10.10.13
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Ex Amleto



Teatro Lo Spazio 4 Ottobre 2013 “Ex Amleto” di William Shakespeare scritto e diretto da Roberto Herlitzka. Un "one man show" di un grande attore, che si misura con uno dei più classici testi teatrali. Herlitzka - Amleto è solo davanti a se stesso come attore, mentre nello specchio rappresentativo in cui si riflette, la morte e il teatro adescano la disperazione di dire, dire ancora prima che tutto il resto sia silenzio. Amleto è solo, i suoi interlocutori restano invisibili fisicamente per materializzarsi nella voce e nel corpo di Herlitzka. Amleto è solo, i suoi interlocutori restano invisibili fisicamente per materializzarsi nella voce e nel corpo di Herlitzka. Amleto padre, la regina, Re Claudio, il becchino, giocano un sabba infinito nell’interpretazione di un unico spirito, perché le anime di Amleto sono infinite, almeno quante sono le anime del capolavoro di Shakespeare. Quando anni fa Eimuntas Nekrošius fece interpretare l’Amleto a una rockstar lituana, voleva sottolineare come l’età anagrafica del Principe di Danimarca fosse quella di un giovane, e che spesso in teatro era erroneamente interpretato da anziani capocomici o mattatori della scena giunti ormai all’apice della carriera. Roberto Herlitzka, classe 1937, ribalta questa prospettiva e scrive un monologo sull’Amleto, quasi per prendersi una rivincita, non avendo, paradossalmente, mai interpretato il personaggio shakespeariano in cinquant’anni di onorata carriera sui palcoscenici. Già il titolo sta a indicare una condizione postuma, l’impossibilità, per raggiunti limiti d’età di calcare veramente le gesta del Principe di Elsinore. Ma Herlitzka compie anche una ricerca di quelli che sono gli elementi di senilità nell’animo del pur giovane Amleto, già temprato, e messo alla prova, dalla vita. Ex Amleto è un gioco teatrale che vede un grande protagonista del teatro classico in un contesto da teatro di ricerca, mettendo insieme così tradizione e avanguardia, a sottolineare come le distinzioni tra categorie siano in realtà fasulle. Il teatro è teatro e basta. Herlitzka calca, e riempie da solo la scena, da grandissimo mattatore, reggendo un lunghissimo monologo, di oltre un’ora e mezza, e rendendolo con grande intensità. In luogo dei grandi spazi e delle scenografie sontuose, lo spettacolo è messo in scena in uno spazio vuoto, per una piccola platea di un teatro raccolto. La scenografia consta semplicemente di una sedia e di un teschio appoggiato per terra, secondo i dettami del teatro povero grotowskiano. A parte le sottolineature con l’uso di luci colorate, per i momenti topici come l’”essere o non essere”, tutto si basa sulla capacità di suggestione dell’attore. Sono evocati gli altri personaggi dell’opera e gli oggetti. Persino la spada del duello finale non c’è, almeno fisicamente, sulla scena. E gli oggetti possono assumere varie sembianze, un cerchio di legno con un’impugnatura, vuoto al suo interno, può diventare una grande lente d’ingrandimento o uno specchio. Ex Amleto è una decostruzione del testo shakespeariano, un’operazione su di esso, al pari di quelle fatte da Heiner Müller o Carmelo Bene. E’ un’opera cerebrale, un flusso di coscienza ininterrotto, incentrato sulla follia. In questo contesto assume grande importanza il discorso metateatrale, già presente nell’opera del Bardo con la recita inscenata da Amleto per smascherare il re. Ma è anche uno spettacolo dove ha grande spazio l’ironia. Herlitzka si diverte a giocare sui cliché dell’iconografia di Amleto, lasciando il teschio di Yorick appoggiato a terra per tutto il tempo dello spettacolo, o con la battuta «Rosencrantz e Guildenstern non sono morti».
10.10.13
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