Incontro con la compagnia
CSC Garage Nardini Bassano del Grappa 29.08.2013
“TRENO FERMO A KATZELMACHER” No (Dance First. Think Later) ideazione Dario Aita, coreografie Elena Gigliotti, interpreti: Diletta Acquaviva, Emmanuele Aita, Giuseppe Amato, Lucio De Francesco, Damien Escudier, Marcella Favilla, Flavio Furno, Melania Genna, Elena Gigliotti, Giovanni Serratore. Costumi Giovanna Stinga, consulenza e realizzazione scene Paola Castrignanò, consulenza tecnica audio/video Ludovico Bessegato.
Venti occhi. 10 teste. 9 cafoni, e uno straniero. 4 tasci, 4 zendraglie, e un marruchino. Si riconoscono sul loro sempr’eterno, sempr’arrugginito marciapiede. bar. Sotto casa. Non hanno una città, la vivono. In modo parassitario, ma non lo sanno. E per l’esattezza, questo ammasso di case in cui sono nati, si estende orrendo da Adelfia Capurso Casarano Manduria Torre Paese Rione Terra Afragola Filadelfia Sant’Elia Cetraro Verbicaro Maida San Vito sullo Jonio Santa Flavia San Cipirello Castellana Sicula Petralia Soprana Roccamena Partanna Campobello di Mazara eccetera eccetera a: nuova destinazione. Purché: si abballi. E il cuore mantenga il bum-bum dignitoso di sempre, aspettando sulla ferrovia che non c’è il treno che porterà all’euforia. Il trenoFERMO. Alla discoteca. 9 ragazzi, in una città indefinita con stazione e binari annessi, sconnessi e connessi con il loro linguaggio – di scunciglie, parolacce, bestemmie, e amore – 9 ragazzi, trenofermo a-Katzelmacher quindi, incontrano un marocchino. Che parla francesismi int’ o rione. E nel rondò di sfottimenti, violenza, e tradimenti, si muovono questi avanzi di città, partoriti a muscoli, calcio, carne, karaoke, sangue, balli e katzelmacher. La trama è facilissima nei fatti, incomprensibile nei motivi che la mandano avanti (e indietro). Storia di motorini, poste, amori, ragazze madri, legnate, bastunate, sogni. Perché anche al confine con la desolazione totale dell’essere, c’hanno diritto pure loro, ai sogni. Sogni facili. Nelle camerette con poster di neomelodici. E quando meno poi ce lo aspettiamo, si scoprono i volti, sotto i caschi sporchi, e hanno occhi grandi, tutti, belli e grandi, e scrivono poesie che non conoscono e non immaginano di avere dentro. Il sud. Il sud che è niente. Che siamo noi. Per davvero. E parliamo al plurale. E ci siamo scelti. Venti occhi. 10 teste. 9 teste brutte. E una marocchina. Tutto attraverso i suoi occhi. Occhi sporchi di terra straniera. Che hanno paura e fanno paura. Che aspettano ’o sule e trovano ’u sangu. E l’amuri. Un amuri diverso come lui. L’amuri che ci rende uguali.