Angelo Mai Altrove 6 giugno 2013 Monica Gentile in “Minimal Dance” Minimal Dance è un work in progress che si sviluppa intorno alla ricerca di una “realtà minimal”.Il suono è un’entità, un ricordo che riverbera nel mio corpo, generatore di una presenza e di una memoria visiva emergente dalla gestualità in atto nel meccanismo della danza. La mia ricerca è iniziata dall’ascolto, quasi casuale, della musica techno in cuffie come veicolo esperienziale per arrivare a percepire me stessa entro un determinato stato. Uno stato di trance vissuto in modo enigmatico, un’attenuazione o metamorfosi del mio stato di percezione fino a lasciarmi pervadere dall’euforia a livello cellulare, epidermico e psichico, dal testo “Techno-trance” di Gianfranco Salvatore: “Dopo una notte di techno-trance quel che resta è il senso di aver celebrato un’esperienza che forse non è solo di tipo edonistico, usare la propria persona come batteria di energie capace di alimentare esperienze estreme servendosi soprattutto del suono organizzato”. L’ascolto della musica techno, formata da cellule melodiche brevi, ripetizione ossessiva di moduli, mi ha portata a manifestare delle figure ritmiche immediate, creando una specifica coreografia caratterizzata da rigore gestuale, impersonalità e freddezza emozionale. È un essere dentro/fuori in un’esaltazione enstatica, di riassorbimento in se stessi, più che in uno stato d’estasi.Nell’interrogarmi dove sia la danza, capto una tensione in una dimensione in cui si possano esperire i medesimi aspetti vibrazionali, fra me e gli altri, una pulsazione che sta solo sulle superfici.