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Intervista Radio 3



Teatro Palladium 6 Aprile 2013 “INTERVISTA RADIO 3” a Daria Deflorian e Antonio Tagliarini in occasione dello spettacolo “REALITY” gli autori vengono intervistati riguardo al loro lavoro e le loro opere.
16.4.13
 

IL CERCHIO DI GESSO – M. UNA COSA NOSTRA



FORTE FANFULLA 4 - 6 Aprile 2013 Rassegna PARABOLE FRA I SANPIETRINI  “C’è bisogno” Festival di teatro da Roma in fuori  II Edizione “IL CERCHIO DI GESSO – M. UNA COSA NOSTRA” drammaturgia e regia Girolamo Lucania con Elisa Ariano, Jacopo Crovella, Vincenzo Di Federico, Mara Scagli, scena Giulia Cicerale, luci Pietro Striano. Parabole fra i Sanpietrini giunge a metà della sua programmazione, quest’anno più che mai ricca, presentando per il sesto appuntamento una compagnia proveniente da Torino Il Cerchio di Gesso che allestiranno, nello spazio del Forte Fanfulla, lo spettacolo M. Una cosa nostra. Uno spettacolo teatrale liberamente tratto dal romanzo “Mi chiamo Maurizio – sono un bravo ragazzo – ho ucciso 80 persone”. Il romanzo racconta la vita di un pentito mafioso, dagli esordi da killer per la famiglia mafiosa, all'arresto e al conseguente pentimento. M. Avola è un pentito, attraverso le sue deposizioni, racconta il periodo post stragista degli anni '90 e di conseguenza le nuove strategie avviate da Cosa Nostra a partire da quegli anni. Maurizio Avola è uno che ha voltato le spalle all'organizzazione, che ha avuto il coraggio di dire la verità, ma è soprattutto un uomo. Infatti lo spettacolo punta a mettere in risalto l'umanità di quest’uomo.  La pièce racconterà, dalle sue stesse parole, come sia possibile che un uomo, nato e intessuto in una particolare società come quella siciliana, possa ambire a essere un picciotto e come, allo stesso tempo, possa amare ed essere amato e fare dei figli. Uno spettacolo che affronta l’aspetto umano di questo pentito e, in secondo luogo, l’aspetto relativo alle sue deposizioni. Le denunce di Avola, il racconto delle strategie di cosa nostra, delle faide interne fra clan, il rapporto con la politica, i metodi pensati dall'organizzazione mafiosa per combattere i “traditori”. Come spiega lo stesso regista per raccontare una storia sulla mafia che allo stesso tempo descriva la vita di un uomo e la storia contemporanea del nostro paese, bisogna ragionare sulla parola Giudizio. Partiamo dal presupposto della necessità. Raccontare questa storia è necessario perché parla di noi, perché oggi il problema della mafia è radicato nella nostra cultura e nei poteri forti, perché il cittadino non va educato bensì responsabilizzato: va messo a confronto con se stesso, la propria storia e le proprie quotidiane scelte. Dunque dobbiamo responsabilizzare e coinvolgere. In secondo luogo, per poter responsabilizzare dobbiamo giudicare. Ma senza farci prendere dall'ansia. Dobbiamo innanzitutto comprendere. Capire che, come dice Kertesz in Essere senza destino: non esiste assurdità che non possa essere vissuta con naturalezza. Per fare tutto questo è necessario il giusto distacco. Una buona dose di ironia. La creazione di un'empatia col pubblico, un appagamento spettacolare, visivo e intrattenitivo.
16.4.13
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Reality




Teatro Palladium 6 Aprile 2013 “REALITY” ideazione e performance Daria Deflorian e Antonio Tagliarini a partire dal reportage di Mariusz Szczygieł REALITY. traduzione di Marzena Borejczuk, Nottetempo 2011, disegno luci Gianni Staropoli, consulenza per la lingua polacca Stefano Deflorian, Marzena Borejczuk e Agnieszka Kurzeya, collaborazione al progetto Marzena Borejczuk. Dopo Rzeczy/cose, con Reality Daria Deflorian e Antonio Tagliarini proseguono la propria indagine sulla percezione della realtà, realizzando uno spettacolo simmetrico, speculare e allo stesso tempo indipendente dall’installazione/performance. Se in Rewind i due artisti costruivano il proprio spettacolo a partire dalla visione del celebre Cafe Müller di Pina Bausch, utilizzando il teatro come luogo nel quale si confondono individualità ed immaginario collettivo; se il successivo From A To D And Back Again prendeva in prestito “la filosofia di Andy Warhol” per indagare una realtà (di personalità e desideri) prodotta in serie come delle scatole di Brillo Box; Reality sposta l’attenzione dal piano della riflessione teorica ed artistica a quello della quotidianità. Punto di partenza di quest’ultimo capitolo sono infatti i quaderni di Janina Turek, donna polacca che per oltre cinquant’anni ha annotato minuziosamente i dati oggettuali della sua esistenza, azioni banali e mai commentate abbandonate ad un mero ordine numerico: elenchi di telefonate ricevute ed effettuate, di incontri casuali, di saluti occasionali; il numero di appuntamenti fissati, dei regali donati o ricevuti, dei programmi televisivi visti durante il giorno. 748 quaderni ritrovati alla sua morte e improvvisamente rinvenuti come tracce di un’esistenza non eroica e destinata all’oblio. Deflorian e Tagliarini ci trascinano nella banalità di una vita comune e, forse, priva di pretese. Janina Turek non ha scopi artistici, scrive per se stessa e per nessuno, eppure le sue pagine sono qualcosa in più di un racconto. Come 748 quaderni possono aprire le porte sulla verità di un’esistenza? In questo Reality senza show il teatro diviene spazio per il dialogo, luogo di confine in cui la realtà si fonde definitivamente con la sua stessa rappresentazione e l’intimità di ognuno (di Antonio, Daria e di ogni singolo spettatore) nelle sue invisibili sfumature, nelle sue piccole cose, si dissolve nelle maglie della Storia.
16.4.13
 

S O L E




Rocca Colonna a Castelnuovo di Porto rassegna CENTOGIORNI/CENTOPASSI venerdi 12 aprile- ore 2013 “S O L E” di e con Valentina Capone liberamente tratto da Le Troiane e da Ecuba di Euripide regia, ideazione spazio scenico, costumi Valentina Capone assistenti alla regia Rascia Darwish, Alessandro Rinaldi, maschere Stefano Perocco Di Meduna, tecnica Ciro di Matteo, foto di scena Irene De Caprio, Alessandro Rinaldi. Sole è nato nel 2002, dedicato a Leo de Berardinis. La vicenda de Le Troiane è nota: sullo sfondo di Troia in fiamme, le prigioniere di guerra sono alla mercè dei Greci, vincitori con l’inganno del cavallo di legno. La partenza delle navi si affretta, mentre, in un incendio totale, la città di Troia rovina, con sinistri fragori. Nell’aria i lamenti delle donne di Ilio, sole. Arrivano, poi vengono portate via, come dal vento, e lasciano una realtà non definibile, nella quale ciò che chiamiamo Destino o Dio o Legge di Natura, può trasformare tutto nel suo opposto; chi era libero e potente adesso è schiavo, chi rideva, piange. Voi che sembrate ora felici. La realtà ed il suo contrario nel simbolo del Sole, che illumina e dà la vita e che, allo stesso tempo, quella stessa vita essicca. I testi di riferimento di Sole sono principalmente Ecuba e Le Troiane. La tecnica compositiva utilizzata consiste in una successione di momenti, senza un nodo tragico e accentratore dell’azione: l’unità va ricercata nel clima sentimentale e tonale. In questa struttura, durante il processo creativo si sono inseriti suoni, parole e frammenti altri. Tra questi, la “piccola” storia di Etora, un personaggio di pura fantasia che commenta l’azione e le apparizioni sulla scena dal suo punto di vista e che spezza parzialmente il ritmo tragico e suggerisce un’altra dimensione in cui vivere il dramma, anche se, inevitabilmente, viene via via assorbita dall’insensatezza della guerra e dall’immobilità dell’attesa, che tutto rende minaccioso e tutti paralizza. In Sole non ci sono distinzioni nette tra Bene e Male, non ci sono categorie assolute, assolute certezze. In Sole, semplicemente, ci sono frammenti di poesia e di lacrime che si chiamano tra loro, che allargano la dimensione della Storia per giungere alla storia microscopica ed enorme che faticosamente tutti sopportiamo dentro, più o meno consapevolmente, e che nonostante tutto, non vogliamo dimenticare perché è proprio “la nostra”. Sole è uno spettacolo visionario, in cui le musiche e le luci non sono mai di accompagnamento ma diventano esse stesse sensazione. . La scenografia è essenziale - tre sedie ed uno scudo sospeso (il sole?) proprio perché lo spazio sia tutti i luoghi e nessuno: le rovine della città, un cimitero o forse, semplicemente, il luogo in cui ci si veste e ci si spoglia per dar vita alle singole figure ed alle maschere.”
16.4.13
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