Recensione dello spettacolo su TeatroeCritica
Teatro Italia 19 Febbraio 2013 “ANTIGONE” di Jean Anouilh, con Roberto Latini, Lucia Cammalleri, Alice Spisa, Daniele Pilli, Rocco Piciulo, Gioia Salvatori, Maurizio Panici. Traduzione e adattamento Maurizio Panici, scene Daniele Spisa costumi Marina Luxardo musiche Stefano Saletti luci Roberto Rocca, regia Maurizio Panici. Ad un secolo dalla nascita di Jean Anouilh, celebre scrittore, regista e drammaturgo francese, torna in scena il suo lavoro più celebre e discusso, Antigone. Secondo la definizione di Holderlin, l’Antigone è la natura stessa del Tragico. Infatti l’insanabile conflitto tra la legge non scritta (oikos), che muove Antigone per la sepoltura del fratello, e la legge dello stato (polìs) emanata da Creonte, creano una tensione insostenibile per tutta la durata della rappresentazione. Anouilh rende esemplare questo scontro in una scena memorabile tra i due protagonisti. Maurizio Panici, che cura regia traduzione e adattamento, pone il conflitto in uno spazio atemporale dove si svelano tutte le sfumature psicologiche ed emotive suggerite dall’autore. Lo spostamento operato da Anouilh rispetto alla tragedia di Sofocle, dalla contrapposizione tra leggi divine e leggi dello stato, ad un conflitto di sentimenti, è la ragione della nostra scelta. Creonte e Antigone sono le facce di una stessa medaglia e si riflettono continuamente, rinviando il conflitto come in un gioco di specchi: conflitto eterno tra vecchiaia e giovinezza, maschile e femminile, sfera dell’intimità privata e sua profanazione pubblica. “Antigone” è tragedia dell’oggi, del dubbio e dell’inquietudine, conflitto tra le leggi del cuore e osservanza delle regole, linea di confine dove l’ideale giovanile si misura con l’acquisita responsabilità. La struttura stessa della tragedia di Anoulih è distonica: se l’impianto drammatico è moderno, le didascalie sembrano indicazioni per la sceneggiatura di un film. La scrittura è epica e nello stesso tempo quotidiana e minima, il conflitto con l’assoluto enorme ma reso in maniera piana, parlata e non urlata. Tutto è dichiarato, fin dal prologo che apre lo spettacolo illustrando i personaggi che reciteranno la storia. Anouilh coglie in questo modo un aspetto sostanziale della tragedia (pur trattandolo in forma apparentemente privata), la caducità e l’inutile affanno dei “piccoli” protagonisti immersi in un contesto “grandioso” di insostenibile presenza del destino. Lavorando in questa direzione, la scenografia, più che uno spazio scenico, è un “segno”, forte e assoluto, che rende determinati i rapporti anche fisici tra gli interpreti, la cui recitazione è tesa verso l’assoluta sincerità. I gesti sono essenziali e lasciano spazio alla parola che torna così al suo ruolo principe. La presenza di un coro (filo rosso della Storia che unisce la tragedia dalle origini Sofocle ad oggi) e la musica fortemente evocativa, contribuiscono a riportare Antigone alla sua forza originaria dopo avere attraversato il quotidiano e il presente.