Casa dei Teatri dal 7 novembre 2013 “Beckett tra noi le prigionie (in)visibili della società contemporanea”
Partecipano:
Minako Okamuro, docente presso l'Università di Waseda a Tokyo
Dario Evola, docente di Estetica presso l'Accademia di Belle Arti a Roma
Yosuke Taki, curatore della mostra
Modera Paolo Ruffini
Prendendo spunto da una delle sezioni della mostra si parlerà delle ultime e più vicine interpretazioni delle opere di Beckett, in cui si abbandona il concetto di Teatro dell'assurdo per evidenziare situazioni e stati d'animo comuni a tutti noi e presenti nella dimensione della nostra quotidianità.
In particolare verrà analizzato l'allestimento di Finale di partita del regista giapponese Makoto Sato. In programma alla la mostra percorre i cambiamenti e gli elementi costanti nell’approccio alle opere di Samuel Beckett, invitando i visitatori a riflettere sulla capacità del teatro di osservare da un’angolazione straordinaria la realtà del proprio tempo dalla metà del Novecento al nuovo millennio.
Tutta l’opera di Samuel Beckett può essere considerata il racconto di “un’umanità inconsapevolmente imprigionata” e la dimensione di costrizione fisica e mentale caratterizza il lavoro del drammaturgo irlandese.
Sono passati 60 anni dalla prima mondiale di Aspettando Godot (Parigi, Théatre de Babylon, 5 gennaio 1953), e da allora, questa e altre opere di Beckett hanno rappresentato una feconda fonte ispiratrice per la creazione scenica, sia per l’orizzonte della tradizione teatrale che per i linguaggi della sperimentazione, sino a toccare l’immaginario popolare, anche televisivo.
Soprattutto dagli anni Novanta, dopo la morte del drammaturgo, le sue opere hanno oltrepassato i confini del teatro dell’assurdo e del metafisico, rivelandosi capaci di stimolare sensibilità che guardassero all’umano nella complessità del presente della Storia.
Casa dei Teatri dal 7 novembre 2013 “Beckett tra noi le prigionie (in)visibili della società contemporanea”Partecipano:
Minako Okamuro, docente presso l'Università di Waseda a Tokyo
Dario Evola, docente di Estetica presso l'Accademia di Belle Arti a Roma
Yosuke Taki, curatore della mostra
Modera Paolo Ruffini
Prendendo spunto da una delle sezioni della mostra si parlerà delle ultime e più vicine interpretazioni delle opere di Beckett, in cui si abbandona il concetto di Teatro dell'assurdo per evidenziare situazioni e stati d'animo comuni a tutti noi e presenti nella dimensione della nostra quotidianità.
In particolare verrà analizzato l'allestimento di Finale di partita del regista giapponese Makoto Sato. In programma alla la mostra percorre i cambiamenti e gli elementi costanti nell’approccio alle opere di Samuel Beckett, invitando i visitatori a riflettere sulla capacità del teatro di osservare da un’angolazione straordinaria la realtà del proprio tempo dalla metà del Novecento al nuovo millennio.
Tutta l’opera di Samuel Beckett può essere considerata il racconto di “un’umanità inconsapevolmente imprigionata” e la dimensione di costrizione fisica e mentale caratterizza il lavoro del drammaturgo irlandese.
Sono passati 60 anni dalla prima mondiale di Aspettando Godot (Parigi, Théatre de Babylon, 5 gennaio 1953), e da allora, questa e altre opere di Beckett hanno rappresentato una feconda fonte ispiratrice per la creazione scenica, sia per l’orizzonte della tradizione teatrale che per i linguaggi della sperimentazione, sino a toccare l’immaginario popolare, anche televisivo.
Soprattutto dagli anni Novanta, dopo la morte del drammaturgo, le sue opere hanno oltrepassato i confini del teatro dell’assurdo e del metafisico, rivelandosi capaci di stimolare sensibilità che guardassero all’umano nella complessità del presente della Storia.
Partecipano:
Minako Okamuro, docente presso l'Università di Waseda a Tokyo
Dario Evola, docente di Estetica presso l'Accademia di Belle Arti a Roma
Yosuke Taki, curatore della mostra
Modera Paolo Ruffini
Prendendo spunto da una delle sezioni della mostra si parlerà delle ultime e più vicine interpretazioni delle opere di Beckett, in cui si abbandona il concetto di Teatro dell'assurdo per evidenziare situazioni e stati d'animo comuni a tutti noi e presenti nella dimensione della nostra quotidianità.
In particolare verrà analizzato l'allestimento di Finale di partita del regista giapponese Makoto Sato. In programma alla la mostra percorre i cambiamenti e gli elementi costanti nell’approccio alle opere di Samuel Beckett, invitando i visitatori a riflettere sulla capacità del teatro di osservare da un’angolazione straordinaria la realtà del proprio tempo dalla metà del Novecento al nuovo millennio.
Tutta l’opera di Samuel Beckett può essere considerata il racconto di “un’umanità inconsapevolmente imprigionata” e la dimensione di costrizione fisica e mentale caratterizza il lavoro del drammaturgo irlandese.
Sono passati 60 anni dalla prima mondiale di Aspettando Godot (Parigi, Théatre de Babylon, 5 gennaio 1953), e da allora, questa e altre opere di Beckett hanno rappresentato una feconda fonte ispiratrice per la creazione scenica, sia per l’orizzonte della tradizione teatrale che per i linguaggi della sperimentazione, sino a toccare l’immaginario popolare, anche televisivo.
Soprattutto dagli anni Novanta, dopo la morte del drammaturgo, le sue opere hanno oltrepassato i confini del teatro dell’assurdo e del metafisico, rivelandosi capaci di stimolare sensibilità che guardassero all’umano nella complessità del presente della Storia.
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