TRE STUDI SULLA VACUITÀ 1°Studio - (31/07/13)


CANALE:


Castello Pasquini, 7 luglio 2013 “TRE STUDI SULLA VACUITÀ”
partitura di gesti per orchestra
primo studio per quintetto + piccoli soli e/o duetti ideazione e regia Caterina Poggesi, Cesare Torricelli con Oumoulkhairy Carroy, Martina Chiarugi, Michele Lanzini, Stefano Rimoldi, Marco Scicli produzione Fosca, Armunia/Festival Inequilibrio
in collaborazione con Scuola di Musica di Fiesole, Tempo Reale
con il contributo della Regione Toscana
Durante l’esecuzione di un concerto si evidenziano, per la loro particolare e inspiegabile intensità, due momenti caratterizzati dal silenzio e dal vuoto. Uno è quello prima dell’inizio, una sospensione come l’affacciarsi su un dirupo prima del volo. L’altro è la chiusura, quel protrarsi muto del suono che continua a riempire lo spazio, lega il sentire, abita l’invisibile. Due istanti di attesa e compimento, in cui la presenza si fa mezzo di un accadimento quasi misterico. Questo lavoro teatrale - in cui il corpo scenico del musicista trova risonanze e consapevolezze nuove donandosi alla vacuità di una narrazione scandita da punteggiature simboliche e rimandi poetici - dimora in simile apnea e da qui indaga per creare nuovo respiro e costruire alfabeti sconosciuti, insondati, a volte sorprendenti.


Castello Pasquini, 7 luglio 2013 “TRE STUDI SULLA VACUITÀ”
partitura di gesti per orchestra
primo studio per quintetto + piccoli soli e/o duetti ideazione e regia Caterina Poggesi, Cesare Torricelli con Oumoulkhairy Carroy, Martina Chiarugi, Michele Lanzini, Stefano Rimoldi, Marco Scicli produzione Fosca, Armunia/Festival Inequilibrio
in collaborazione con Scuola di Musica di Fiesole, Tempo Reale
con il contributo della Regione Toscana
Durante l’esecuzione di un concerto si evidenziano, per la loro particolare e inspiegabile intensità, due momenti caratterizzati dal silenzio e dal vuoto. Uno è quello prima dell’inizio, una sospensione come l’affacciarsi su un dirupo prima del volo. L’altro è la chiusura, quel protrarsi muto del suono che continua a riempire lo spazio, lega il sentire, abita l’invisibile. Due istanti di attesa e compimento, in cui la presenza si fa mezzo di un accadimento quasi misterico. Questo lavoro teatrale - in cui il corpo scenico del musicista trova risonanze e consapevolezze nuove donandosi alla vacuità di una narrazione scandita da punteggiature simboliche e rimandi poetici - dimora in simile apnea e da qui indaga per creare nuovo respiro e costruire alfabeti sconosciuti, insondati, a volte sorprendenti.
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