Castello Aragonese 30 Maggio 2013, Castrovillari, FORTEBRACCIO TEATRO in “NOOSFERA MUSEUM” prima nazionale di e con Roberto Latini, musiche e suoni Gianluca Misiti, luci Max Mugnai, organizzazione e cura Federica Furlanis, promozione Nicole Arbelli. Terzo movimento del programma “Noosfera”. Un approdo possibile all’isola di una scena in cui sono già trascorsi tutti i giorni felici. Il disagio dell’attesa di un futuro che si è dimesso dalle nostre aspirazioni, la cecità del fondo di un qualsiasi fondo, il mutismo dei pensieri di chi né servo né padrone parla, dopo la tempesta, alla sua sola solitudine, corrisponde a dove ci siamo rifugiati in attesa di nessuna aspettativa. Ai piedi della montagna dei giganti che non ci somigliano più, la cantilena di questo immobilismo è affidato alla consolazione della ripetizione e all’impossibilità della rappresentazione. La scena sfida la sintassi di ogni forma sensibile perché la bellezza possa ammetterci alla presenza della platea che l’ha custodita in questo tempo. Irrinunciabile, come la poesia che non è misura mai, ma il tentativo estremo di una condizione senza condizioni, capace, per quanto può concedersi da sé, di trasformare la resistenza in reazione.
link: www.primaveradeiteatri.it
Castello Aragonese 30 Maggio 2013, Castrovillari, FORTEBRACCIO TEATRO in “NOOSFERA MUSEUM” prima nazionale di e con Roberto Latini, musiche e suoni Gianluca Misiti, luci Max Mugnai, organizzazione e cura Federica Furlanis, promozione Nicole Arbelli. Terzo movimento del programma “Noosfera”. Un approdo possibile all’isola di una scena in cui sono già trascorsi tutti i giorni felici. Il disagio dell’attesa di un futuro che si è dimesso dalle nostre aspirazioni, la cecità del fondo di un qualsiasi fondo, il mutismo dei pensieri di chi né servo né padrone parla, dopo la tempesta, alla sua sola solitudine, corrisponde a dove ci siamo rifugiati in attesa di nessuna aspettativa. Ai piedi della montagna dei giganti che non ci somigliano più, la cantilena di questo immobilismo è affidato alla consolazione della ripetizione e all’impossibilità della rappresentazione. La scena sfida la sintassi di ogni forma sensibile perché la bellezza possa ammetterci alla presenza della platea che l’ha custodita in questo tempo. Irrinunciabile, come la poesia che non è misura mai, ma il tentativo estremo di una condizione senza condizioni, capace, per quanto può concedersi da sé, di trasformare la resistenza in reazione.
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IL MIO COMMENTO è CHE ROBERTO LATINI SI COMMENTA DA SOLO
nel senso che più lo vedo e più rimango senza parole...come se il vento se le portasse via...viva vino
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