Recensione dello spettacolo su TeatroeCritica
Teatro Sybaris, Castrovillari, 29 Maggio 2013 COMPAGNIA BERARDI/CASOLARI in “IN FONDO AGLI OCCHI” di e con Gianfranco Berardi Gabriella Casolari, regia César Brie, luci e audio Andrea Bracconi, elementi scenici Franco Casini Roberto Spinaci, collaborazione musicale Giancarlo Pagliara, organizzazione Carlotta Ghizzoni, con il sostegno di Teatro Stabile di Calabria. Per paesi e città da San Remo a Reggio Calabria un viaggio per vari “bar Italia” ad ascoltare, con una particolare attenzione agli ultimi, storie in cui la realtà supera di gran lunga la fantasia e in cui tragico e comico si mescolano in un intreccio straordinario. Come viviamo noi il nostro tempo nel nostro paese? Dove siamo noi in questa confusione che ci attanaglia e ci impedisce di proseguire? Cosa di queste storie ci rappresenta e cosa di noi appartiene a queste storie? Un affresco del contemporaneo in quello che è uno degli ultimi luoghi d’incontro, il bar di provincia, palcoscenico ideale attraverso cui raccontare il proprio tempo, i propri sogni e le proprie malattie. Un percorso che mescola fantasie, frammenti autobiografici, poesia e comicità ma che fondamentalmente parla della malattia: la cecità. La nostra da cui siamo concretamente e quotidianamente condizionati, quella del tempo in cui viviamo, metafora dello “stato” in cui siamo.
link: www.primaveradeiteatri.it
Recensione dello spettacolo su TeatroeCritica
Teatro Sybaris, Castrovillari, 29 Maggio 2013 COMPAGNIA BERARDI/CASOLARI in “IN FONDO AGLI OCCHI” di e con Gianfranco Berardi Gabriella Casolari, regia César Brie, luci e audio Andrea Bracconi, elementi scenici Franco Casini Roberto Spinaci, collaborazione musicale Giancarlo Pagliara, organizzazione Carlotta Ghizzoni, con il sostegno di Teatro Stabile di Calabria. Per paesi e città da San Remo a Reggio Calabria un viaggio per vari “bar Italia” ad ascoltare, con una particolare attenzione agli ultimi, storie in cui la realtà supera di gran lunga la fantasia e in cui tragico e comico si mescolano in un intreccio straordinario. Come viviamo noi il nostro tempo nel nostro paese? Dove siamo noi in questa confusione che ci attanaglia e ci impedisce di proseguire? Cosa di queste storie ci rappresenta e cosa di noi appartiene a queste storie? Un affresco del contemporaneo in quello che è uno degli ultimi luoghi d’incontro, il bar di provincia, palcoscenico ideale attraverso cui raccontare il proprio tempo, i propri sogni e le proprie malattie. Un percorso che mescola fantasie, frammenti autobiografici, poesia e comicità ma che fondamentalmente parla della malattia: la cecità. La nostra da cui siamo concretamente e quotidianamente condizionati, quella del tempo in cui viviamo, metafora dello “stato” in cui siamo.
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