Anna Cappelli, uno studio - (26/06/13)


CANALE:


Ambra Teatro alla Garbatella 2 MAGGIO 2013 Fondazione Salerno Contemporanea Teatro Stabile di Innovazione presenta “ANNA CAPPELLI, UNO STUDIO” di Annibale Ruccello, con Maria Paiato, scene Francesco Ghisu, costumi Gianluca Falaschi, luci Carmine Pierri, trucco Vincenzo Cucchiara, foto di scena Pepe Russo, aiuto regia Sandra Conti, regia Pierpaolo Sepe. Anni Sessanta. Impiegata al Comune di Latina, ma originaria di Orvieto, Anna Cappelli è una provinciale insoddisfatta e in guerra col mondo: è rancorosa con i genitori, ai quali non perdona di aver ceduto la sua stanza nella casa di Orvieto alla più giovane sorella Giuliana; odia la signora Tavernini, nel cui appartamento Anna vive in subaffitto sopportando gatti maleodoranti; e non lega con le colleghe d’ufficio, snob e pettegole. È una vita fatta di cene solitarie e di domeniche al cinema, quella di Anna Cappelli. Ma un giorno le si avvicina il ragionier Tonino Scarpa, proprietario di un appartamento con dodici stanze. Anna sfiderà il mondo andando a vivere a casa del compagno, e da quel momento difenderà il suo nuovo status sociale con le unghie e con i denti, letteralmente. " Il testo è insidioso e pieno di trabocchetti. Il delirio naturalistico e minimale, ambientato in una miserabile Italietta degli anni Sessanta, a una lettura poco attenta può sembrare scarsamente dotato di una vena originaria limpida e necessaria; ma a uno sguardo più accorto non sfugge la mostruosa e depravata sottocultura piccolo-borghese che invade ogni respiro del dramma, incarnandosi in una donnina in apparenza docile e insignificante. L’intelligenza dell’autore sta nel nascondere, dietro la follia della normalità, un processo culturale drammatico che ha vissuto il nostro Paese: la protagonista del dramma porta in sé la miseria degli anni in cui divenne importante avere piuttosto che essere. Il principio del possesso, che ancora guida le nostre vite, si affermò ingoiando tradizioni culturali nobili e preziose. Fu in quegli anni che Pasolini urlò il dolore di chi avvertiva il pericolo che la sua stessa opera potesse perdere forza poetica e politica a causa di una dispersione drammatica di senso e di una tentazione di immoralità capitalistica. Fu in quegli anni che perdemmo l’onore. Fu in quegli anni che nacquero i cannibali, i padri della cultura odierna. Il nostro studio segna un primo approccio a questo dramma complesso e dal significato profondo e doloroso. È l’oscuro scrutare di Ruccello che cercheremo di restituire con adesione intellettuale ed emotiva. È come se ci trovassimo al cospetto di un noir in cui l’assassino è l’affermarsi di principi capaci di alterare le nostre nature, le nostre coscienze, le nostre azioni, i nostri destini e trasformarci in merda." [Pierpaolo Sepe]


Ambra Teatro alla Garbatella 2 MAGGIO 2013 Fondazione Salerno Contemporanea Teatro Stabile di Innovazione presenta “ANNA CAPPELLI, UNO STUDIO” di Annibale Ruccello, con Maria Paiato, scene Francesco Ghisu, costumi Gianluca Falaschi, luci Carmine Pierri, trucco Vincenzo Cucchiara, foto di scena Pepe Russo, aiuto regia Sandra Conti, regia Pierpaolo Sepe. Anni Sessanta. Impiegata al Comune di Latina, ma originaria di Orvieto, Anna Cappelli è una provinciale insoddisfatta e in guerra col mondo: è rancorosa con i genitori, ai quali non perdona di aver ceduto la sua stanza nella casa di Orvieto alla più giovane sorella Giuliana; odia la signora Tavernini, nel cui appartamento Anna vive in subaffitto sopportando gatti maleodoranti; e non lega con le colleghe d’ufficio, snob e pettegole. È una vita fatta di cene solitarie e di domeniche al cinema, quella di Anna Cappelli. Ma un giorno le si avvicina il ragionier Tonino Scarpa, proprietario di un appartamento con dodici stanze. Anna sfiderà il mondo andando a vivere a casa del compagno, e da quel momento difenderà il suo nuovo status sociale con le unghie e con i denti, letteralmente. " Il testo è insidioso e pieno di trabocchetti. Il delirio naturalistico e minimale, ambientato in una miserabile Italietta degli anni Sessanta, a una lettura poco attenta può sembrare scarsamente dotato di una vena originaria limpida e necessaria; ma a uno sguardo più accorto non sfugge la mostruosa e depravata sottocultura piccolo-borghese che invade ogni respiro del dramma, incarnandosi in una donnina in apparenza docile e insignificante. L’intelligenza dell’autore sta nel nascondere, dietro la follia della normalità, un processo culturale drammatico che ha vissuto il nostro Paese: la protagonista del dramma porta in sé la miseria degli anni in cui divenne importante avere piuttosto che essere. Il principio del possesso, che ancora guida le nostre vite, si affermò ingoiando tradizioni culturali nobili e preziose. Fu in quegli anni che Pasolini urlò il dolore di chi avvertiva il pericolo che la sua stessa opera potesse perdere forza poetica e politica a causa di una dispersione drammatica di senso e di una tentazione di immoralità capitalistica. Fu in quegli anni che perdemmo l’onore. Fu in quegli anni che nacquero i cannibali, i padri della cultura odierna. Il nostro studio segna un primo approccio a questo dramma complesso e dal significato profondo e doloroso. È l’oscuro scrutare di Ruccello che cercheremo di restituire con adesione intellettuale ed emotiva. È come se ci trovassimo al cospetto di un noir in cui l’assassino è l’affermarsi di principi capaci di alterare le nostre nature, le nostre coscienze, le nostre azioni, i nostri destini e trasformarci in merda." [Pierpaolo Sepe]
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