Pepe - (29/05/13)


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Recensione e approfondimenti dello spettacolo su TeatroeCritica.net

TEATRO TORDINONA 15 e 16 MAGGIO 2013 “PEPE” scritto e interpretato da LAURA RICCIOLI supervisione alla messa in scena ALBERTO BELLANDI e SARAH SAMMARTINO fonica MASSIMO CICCHINELLI. “Pepe” è il frutto dell’urgenza di condividere con il “fuori” le domande, le riflessioni, i rapporti e gli episodi che ho vissuto “dentro”, quasi di nascosto, clandestinamente. Non si può frequentare a lungo un carcere senza interrogarsi sui meccanismi di inclusione ed esclusione sui quali si fonda la nostra collettività, il proprio ruolo di artisti nei confronti della società. In mancanza di risposte definitive portare a teatro Espedita mi sembra il modo migliore per farla dialogare con questo “fuori”, lei che chiede, famelica, di fare un corso di teatro come se equivalesse a evadere, come fosse una soluzione, una mamma che non ti viene a trovare, la libertà, appunto. Il carcere è presente nel testo nelle risposte che non dà, nelle contraddizioni che crea alle due donne, nella straordinarietà delle condizioni che le fanno incontrare. Ma, al di là di una riflessione sul carcere, quel che più preme a questo racconto è lo spessore umano del confronto tra queste due persone e degli interrogativi che si pongono reciprocamente. Interrogativi che sono l’unico strumento che rimane alla loro esigenza di felicità che, sia nel caso della professoressa che in quello della detenuta, coincide con un’ esigenza profonda di capire che cosa sia la libertà. Per scoprire poi, insieme, che l’unica evasione possibile consiste nel relazionarsi all’altro, con fiducia.


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TEATRO TORDINONA 15 e 16 MAGGIO 2013 “PEPE” scritto e interpretato da LAURA RICCIOLI supervisione alla messa in scena ALBERTO BELLANDI e SARAH SAMMARTINO fonica MASSIMO CICCHINELLI. “Pepe” è il frutto dell’urgenza di condividere con il “fuori” le domande, le riflessioni, i rapporti e gli episodi che ho vissuto “dentro”, quasi di nascosto, clandestinamente. Non si può frequentare a lungo un carcere senza interrogarsi sui meccanismi di inclusione ed esclusione sui quali si fonda la nostra collettività, il proprio ruolo di artisti nei confronti della società. In mancanza di risposte definitive portare a teatro Espedita mi sembra il modo migliore per farla dialogare con questo “fuori”, lei che chiede, famelica, di fare un corso di teatro come se equivalesse a evadere, come fosse una soluzione, una mamma che non ti viene a trovare, la libertà, appunto. Il carcere è presente nel testo nelle risposte che non dà, nelle contraddizioni che crea alle due donne, nella straordinarietà delle condizioni che le fanno incontrare. Ma, al di là di una riflessione sul carcere, quel che più preme a questo racconto è lo spessore umano del confronto tra queste due persone e degli interrogativi che si pongono reciprocamente. Interrogativi che sono l’unico strumento che rimane alla loro esigenza di felicità che, sia nel caso della professoressa che in quello della detenuta, coincide con un’ esigenza profonda di capire che cosa sia la libertà. Per scoprire poi, insieme, che l’unica evasione possibile consiste nel relazionarsi all’altro, con fiducia.
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