Trieste: La verità proibita - (24/04/13)


CANALE:


Teatro Miela Trieste, 12 Aprile 2013 “TRIESTE: LA VERITÀ PROIBITA” – Maurizio Zacchigna. Nel 2001 “Il Manifesto” pubblicò il risultato di anni di fatiche e ricerche di colui che è forse il più importante uomo di teatro della Trieste contemporanea – sotto il titolo di “L’eredità dell’ostetrica”. Due ore di dolore fuso e di sconcerto di fronte alla presa di coscienza di un intellettuale che, raggiunta la maturità, scopre che tutto ciò che gli avevano insegnato sul suo “essere triestino” fosse null’altro che una mistificazione voluta dal nazionalismo politico dell’Italia populista della destra storica, ma poi anche dei democristiani e via via di tutti. La genesi di tragedie terribili come quella delle foibe non viene spiegata, il mondo viene diviso in buoni e cattivi, i giuliani identificati come una genìa isolata e circondata. La verità della nascita di una grande città portuale e poli-culturale, nella quale l’italiano si afferma come lingua franca dei commerci e non come grido di liberazione, viene annientata dalle favole della politica e della cultura ufficiale. Ma non serve a nulla. La tragedia dell’essere intimamente contraddittorio e sofferente è un’eredità che ogni giuliano riceve alla nascita dalle mani di un’ostetrica dell’anima, invisibile, potentissima. La politica e la cultura ufficiale triestina hanno soffocato per un decennio questo capolavoro di Zacchigna, impedendo che venisse rappresentato, sperando che venisse dimenticato. E invece quest’opera, dodici anni dopo, è più scottante e viva che mai. Trieste resta Trieste, e Maurizio Zacchigna, dal palco del Miela, ce la riporta in un frammento di dolore, amore mal corrisposto, necessità di sapere e capire la verità per poi forse, finalmente, trovare una pace che da Saba ad Endrigo nessuno triestino sembra avere avuto il diritto a trovare.


Teatro Miela Trieste, 12 Aprile 2013 “TRIESTE: LA VERITÀ PROIBITA” – Maurizio Zacchigna. Nel 2001 “Il Manifesto” pubblicò il risultato di anni di fatiche e ricerche di colui che è forse il più importante uomo di teatro della Trieste contemporanea – sotto il titolo di “L’eredità dell’ostetrica”. Due ore di dolore fuso e di sconcerto di fronte alla presa di coscienza di un intellettuale che, raggiunta la maturità, scopre che tutto ciò che gli avevano insegnato sul suo “essere triestino” fosse null’altro che una mistificazione voluta dal nazionalismo politico dell’Italia populista della destra storica, ma poi anche dei democristiani e via via di tutti. La genesi di tragedie terribili come quella delle foibe non viene spiegata, il mondo viene diviso in buoni e cattivi, i giuliani identificati come una genìa isolata e circondata. La verità della nascita di una grande città portuale e poli-culturale, nella quale l’italiano si afferma come lingua franca dei commerci e non come grido di liberazione, viene annientata dalle favole della politica e della cultura ufficiale. Ma non serve a nulla. La tragedia dell’essere intimamente contraddittorio e sofferente è un’eredità che ogni giuliano riceve alla nascita dalle mani di un’ostetrica dell’anima, invisibile, potentissima. La politica e la cultura ufficiale triestina hanno soffocato per un decennio questo capolavoro di Zacchigna, impedendo che venisse rappresentato, sperando che venisse dimenticato. E invece quest’opera, dodici anni dopo, è più scottante e viva che mai. Trieste resta Trieste, e Maurizio Zacchigna, dal palco del Miela, ce la riporta in un frammento di dolore, amore mal corrisposto, necessità di sapere e capire la verità per poi forse, finalmente, trovare una pace che da Saba ad Endrigo nessuno triestino sembra avere avuto il diritto a trovare.
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