Teatri di vetro 24 Aprile 2013 “Alfabeto” una performance di musica e poesia di: Christiane Hommelsheim e Irene Mattioli, dal poema omonimo di Inger Christensen, traduzione dal danese: Inge Lise Rasmussen Pin e Daniela Curti, adattamento: Irene Mattioli, performance: Christiane Hommelsheim, voce registrata: Daniele Fior. Il poema Alfabeto è una sorta di meravigliosa enciclopedia botanica in cui sono raccolte innumerevoli cose: alcune comuni, altre rare e misteriose. Per comporre Alfabeto l’autrice Inger Christensen usa come schema formale la sequenza di Fibonacci: 1, 1, 2, 3, 5, 8, 13 etc... seguendo la quale il numero di versi di ogni paragrafo si moltiplica progressivamente. L’infittirsi inarrestabile del poema simula la crescita di un organismo vivente ed evoca l’espandersi infinito dell’universo. L’uso dell’ordine alfabetico fa sì che le cose nominate appaiano le une accanto alle altre al di fuori di una logica associativa consueta. Ascoltando il poema ci si trova davanti all’esistenza di una moltitudine di cose, “cose che uno aveva del tutto dimenticato, cose che non conosce nemmeno. All’improvviso uno si sorprende di quante cose realmente esistono”.
Teatri di vetro 24 Aprile 2013 “Alfabeto” una performance di musica e poesia di: Christiane Hommelsheim e Irene Mattioli, dal poema omonimo di Inger Christensen, traduzione dal danese: Inge Lise Rasmussen Pin e Daniela Curti, adattamento: Irene Mattioli, performance: Christiane Hommelsheim, voce registrata: Daniele Fior. Il poema Alfabeto è una sorta di meravigliosa enciclopedia botanica in cui sono raccolte innumerevoli cose: alcune comuni, altre rare e misteriose. Per comporre Alfabeto l’autrice Inger Christensen usa come schema formale la sequenza di Fibonacci: 1, 1, 2, 3, 5, 8, 13 etc... seguendo la quale il numero di versi di ogni paragrafo si moltiplica progressivamente. L’infittirsi inarrestabile del poema simula la crescita di un organismo vivente ed evoca l’espandersi infinito dell’universo. L’uso dell’ordine alfabetico fa sì che le cose nominate appaiano le une accanto alle altre al di fuori di una logica associativa consueta. Ascoltando il poema ci si trova davanti all’esistenza di una moltitudine di cose, “cose che uno aveva del tutto dimenticato, cose che non conosce nemmeno. All’improvviso uno si sorprende di quante cose realmente esistono”.
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