LA GUERRA SVELATA DI CASSANDRA
di Salvatore Ventura Con GAIA APREA
musiche Dario Arcidiacono | contributi video Andrea Montagnani
voce Enea TOMMASO GARRÈ | corpo di Enea GIOVANNI BONI
assistente alla regia Adriana Mangano
regia ALESSIO PIZZECH
produzione Nutrimenti Terrestri e Giardino Chiuso/Orizzonti Verticali
in collaborazione con Mithos Troina Festival
La Guerra
svelata di Cassandra ovvero come descrivere la guerra e i
suoi orrori, attraverso gli occhi di una donna e raccontarne così le
motivazioni tutte maschili, nonché le menzogne e le falsità che intorno ad essa
si costruiscono come giustificazioni, ieri come oggi. Il Mito di Cassandra
continua a essere uno strumento di rilettura delle contraddizioni della storia
che attraversiamo come uomini, ed ha rappresentato una lente d'ingrandimento
per cercare un senso, una luce per i tempi bui. Dopo tanti omaggi letterari a
questo straordinario personaggio, Salvatore Ventura si cimenta nella
composizione di un pezzo di teatro estremamente denso di emozioni. Il giovane
drammaturgo palermitano dà una lettura di Cassandra che mutua aspetti dalle
tante versioni letterarie del personaggio classico, in primis Christa Wolf, ma
ne costruisce una visione autonoma e tratteggia una figura di donna,
perfettamente calata nelle contraddizioni di questo nostro tempo. La Cassandra,
a cui darà voce e corpo Gaia Aprea, è creatura dell'oggi ed articola un
monologo teatrale originale nella forma della scrittura e straordinariamente
carico di rimandi alla cronaca quotidiana.Le parole di Ventura, contrappuntate
dallo spazio sonoro di Dario Arcidiacono, costruiscono un flusso di coscienza
che riscrive la vicenda conosciuta della profetessa di Apollo, figlia di
Priamo. Cassandra si pone in dialogo con il pubblico del presente, lo vuole
scuotere dal silenzio colpevole e affermare la necessità delle parole, del
racconto, del disvelare una verità, del muovere una coscienza che possa opporsi
al pensiero dominante. La Cassandra di Ventura torna sulla scena ormai
spogliata violentemente della sua verginità, alla ricerca di un perdono di sé
stessa per non essere stata capace di fermare quella guerra, per non essere
riuscita a farsi ascoltare nella sua azione profetica. Cassandra del 2025,
vuole farsi esempio per noi, monito per i nostri assordanti silenzi e mi piace
così immaginarla tra le strade bombardate di Kiev o tra le macerie di Gaza o
tra le fila di uomini e donne massacrati in qualche parte della terra. Questa Cassandra
è alla ricerca di un senso del proprio stare nel mondo e si ricongiungerà a
quella sé stessa bambina, persa nei rumori di un conflitto familiare, nel
disperato tentativo di compiere un atto catartico che tagli definitivamente con
il perpetuarsi del sangue e della morte come unico orizzonte possibile. Cassandra,
tornata nel mondo dei vivi, alle prese con i ricordi, con oggetti testimoni
della propria esistenza traumatica, è affamata di vita, sedotta dal ricordo di
Enea che si è salvato dalla fine della Città di Troia. Ricordando il corpo ed
il volto di Enea, Cassandra prova così ad ergersi al di sopra del racconto di
morte e distruzione; il legame erotico, di profonda amicizia, che la unisce a
Enea, rappresenta una forza indelebile, che nella sua memoria, resiste agli
orrori di una terra distrutta, di un cimitero di familiari massacrati dal
nemico, a un destino di violenza che lega vincitori e vinti. La Cassandra di
Ventura invoca così il teatro, lo evoca come fonte di resistenza, di speranza,
come atto finale di testimonianza che vuole disvelare a noi l'ipocrisia della
famiglia umana, l'irresponsabilità di chi decreta l'inizio del conflitto e ne
determina il perpetrarsi. Cassandra quindi, diviene voce che si oppone
all'indifferenza, usa la parola come arma, con quell'incedere poetico di chi
porta con sé una verità per troppo tempo sopita e ci dice quanto mai sia
importante oggi, il rito del teatro.
NOTE
DELL'AUTORE
La scrittura è l'unico modo che ho per tradire la realtà che mi circonda. O
almeno ne è il punto di partenza. Il teatro è il luogo dove metto questa
pratica in atto. Faccio teatro per recuperare dalla memoria la natura umana,
con i suoi gesti. Sia quelli possibili che quelli impossibili, ed il teatro,
attraverso i suoi simboli, segna un linguaggio universale dove scopro,
valicando quel confine, dei valori che l'umanità non ha ancora trovato. La
potenza della parola, quando è detta, mi trasmette sempre quello stupore
necessario ad apprendere qualcosa di nuovo, ribaltarlo verso un'altra
prospettiva.
La guerra svelata di Cassandra è il racconto di uno svelamento, quello
svelamento che tende il filo della verità al punto tale da trasfigurare la
realtà che mi circonda. Per cui ho scelto di avvicinarmi a questo racconto
attraverso gli occhi di un personaggio come quello di Cassandra per rievocare
quel respiro del classico che svela il presente. Interrogandomi sui temi della
guerra, delle diversità, del rapporto tra genitori e figli, del viaggio, della
libertà e mettendo assieme questi ingredienti ho cercato di aggiungere alla
voce del personaggio un tono di modernità epica seguendo lo stile della slam
poetry, alternandolo a quello della narrazione classica.
La scelta che mi ha spinto a rispettare questa strada mi è stata
suggerita dalla stessa storia che avevo intenzione di raccontare: il
personaggio vive in due tempi differenti, ben definiti, il momento esatto in
cui sta per morire e quello in scena con noi, spingendomi ad utilizzare questa
dualità di linguaggi, come due facce della stessa medaglia, due fazioni nemiche
con ognuna le proprie ragioni, il noi e il loro. Riuscendo a riassumerne l'arco
narrativo in un ritmo cadenzato ed in crescendo. La materia che propongo quindi
non è la riscrittura di un mito come quello della guerra di Troia bensì un
pretesto per interrogarci sulla contemporaneità, cercando di scoprire insieme
se il futuro ha un cuore antico.
“La richiesta”
Un testo di forte
attualità sui meccanismi della guerra civile, una notte al fronte di una guerra
fratricida dove tanti giovani come “Bill Carson” sono carne da cannone.
In scena al Teatro Tordinona dal 27 al 30 novembre “La richiesta”, scritto e
prodotto da Stefano Jacurti, con la regia di Marco Belocchi.
Guerra civile americana. È il 1864, il generale Grant assedia la città di
Petersburg in Virginia. Gli assalti si susseguono in un bagno di sangue. Dal
tramonto all’alba, presso il comando di Grant (Stefano Jacurti), un deciso
leader dell’Unione chiamato da Lincoln a raddrizzare le sorti del conflitto che
pur avendo profondi ricordi non esita ad andare fino in fondo, si concentrano
vari personaggi: un colonnello che odia i chirurghi (Giuseppe Renzo), un
indagatore corrispondente di guerra (Marco Belocchi), un sergente che combatte
senza un domani (Alessio Fanelli) e una donna coraggiosa (Virginia Colella) che
si presenta allo stesso Grant. Che cosa vuole da lui quest’ultima?
Nella pièce a più voci, si raccontano le ragioni e i torti delle due parti nel
conflitto, i ricordi di un’America unita rimpianta, le parole al veleno in
mondo di massacri dove c’è qualcuno, dall’altra parte della trincea, con cui
prima del conflitto si condivideva la gioventù.
“La richiesta” è anche una riflessione sull’America attuale a forte rischio di
guerra civile. Dichiara Stefano Jacurti: “ho scritto questo testo perché al
mondo della frontiera e alla guerra di secessione ho dedicato diversi lavori a
teatro. ‘La richiesta’ mi sembrava molto attuale viste le tensioni sociali di
oggi che arrivano dagli Usa. Gli americani devo stare attenti a che non scoppi
un’altra guerra civile in quanto una c’è già stata nel suo devastante percorso,
ovvero quello che vivono in scena i personaggi di questa storia.”
Sul palcoscenico gli attori indosseranno precise riproduzioni delle divise
della guerra di secessione, facenti parte della collezione privata dell’autore
e protagonista del progetto Stefano Jacurti.
Jacurti ha dedicato la sua vita artistica al mondo della frontiera con il
cinema indipendente e la pubblicazione di libri a tema ed è stato il primo
artista a portare sia il West che la civil war a teatro con molte incursioni
negli anni precedenti.
Uno spettacolo unico nel suo genere nel panorama nazionale, rarissimo, con
nordisti e sudisti che riempiranno la scena con un profondo mood d’epoca.
“Il pubblico sarà avvolto dal mood dell’epoca. Sul palco i colori delle divise
della civil war e dei costumi del periodo ottocentesco formerà, insieme alle
emozioni che trasuderanno dai protagonisti, un connubio per uno spettacolo
intenso con grandi emozioni e colpi di scena. Del resto la guerra civile
americana è un’appendice del western, quindi tornare sul palcoscenico con
qualcosa che non si vede mai, ha motivato moltissimo sia me che Marco Belocchi,
regista di questo lavoro” – Stefano Jacurti.
IL BERRETTO A SONAGLI
di Luigi
Pirandello
con IRMA CIARAMELLA,
IVANO FALCO, GINO AURIUSO, ORNELLA GHEZZI, OTTAVIA ORTICELLO, GIOELE ROTINI
regia di GINO
AURIUSO
scene Eleonora Scarponi | costumi Francesca Serpe | luci
Roberto Di Lorenzo
“ ‘A birritta cu ‘i ciancianeddi” è il titolo originale
dell’opera che Luigi Pirandello scrisse nel 1916 in dialetto catanese e che poi
trasformò in italiano nel 1918 con il nome de “Il berretto a sonagli” e
riprende le tematiche delle due novelle La verità (1912) e Certi
obblighi (1912).
Questo testo, considerato uno dei capolavori del grande
drammaturgo siciliano, tratta la vicenda di una donna, Beatrice Fiorica, la
quale viene a sapere che il marito la tradisce con la moglie di Ciampa,
scrivano del cavalier Fiorica, e decide di farsi aiutare dal delegato Spanò per
sorprendere in flagrante i due amanti. Così Beatrice Fiorica offesa decide di
allontanare Ciampa mandandolo a Palermo per sbrigare certe commissioni e poco
dopo far scoppiare lo scandalo; ma la soddisfazione di Beatrice ha breve durata
poiché dal verbale risultano solo elementi negativi e non vi è alcuna prova di
adulterio. Nonostante tutto, Ciampa, che si ipotizza fosse a conoscenza della
relazione tra i due, in città viene tacciato come “becco” e dunque non gli
resta altro da fare che uccidere i due amanti; ma la soluzione che egli propone
è un’altra: che la signora Fiorica si faccia credere pazza e venga internata,
così cerca di convincerla, giacché solo in questo modo il suo onore e quello
del marito potranno essere salvi.
Sara Libera
il monologo musicale
che dà voce alle donne ferite
Sara abbandona di
corsa il pronto soccorso, lo sguardo carico di rabbia e vergogna. Non
accetta che qualcuno possa insinuare che quelle ferite, quel volto segnato,
siano il frutto di violenza: no, lei è solo caduta, dice.
Intorno a lei, un
degente borbotta sottovoce, un gatto randagio, malandato e spaventato, si
aggrappa alla speranza di essere curato.
Un infermiere le parla
con pazienza, ma Sara si chiude a riccio: non vuole che nessuno tocchi quelle
cicatrici, né sul viso né nell’anima.
Eppure, qualcosa la
scuote: un lampo di paura. Se lei – o il suo compagno di sventure a
quattro zampe – non potessero più vedere i colori dell’arcobaleno? Se quel
dolore le avesse già rubato troppo?
“Sara Libera” è
un potente monologo musicale che dà voce a tutte le donne che troppo spesso si
sentono colpevoli delle violenze subite.
Sara è una donna
comune, come tante. Ama chi la ferisce, si accusa di ogni schiaffo, di ogni
umiliazione. Ma la domanda più crudele resta sospesa nell’aria: siamo davvero
noi la causa di quello che ci accade?
Uno spettacolo
intenso, che attraverso la forza della musica e delle parole esplora il
confine sottile tra giustizia e ingiustizia, tra amore e dolore, tra libertà e
prigionia emotiva.
Un viaggio emotivo che
invita a riflettere su quale sia il vero limite da non oltrepassare.
Regia di @kaiya_sr
Musiche @laellemusic
Arrangiamento
musicale @jonisbascir
Coreografia @rodecastris
Il 13 e 16 novembre
al @teatrotordinona
Grazie a @pierre_emmanuel_tamarelle per la locandina.